Omelia Ascensione del Signore

21-05-2023

Letture:
At 1,1-11
Sal 46
Ef 1,17-23
Mt 28,16-20

Carissimi fratelli e sorelle,
In questa settima domenica di Pasqua celebriamo l’Ascensione di Gesù al Cielo. In prima battuta, viene da dire che l’ascensione chiude il tempo pasquale ma è meglio dire che apre il tempo della testimonianza, della vita della Chiesa; manca solo l’ultimo tocco, se così possiamo dire, a quest’opera d’arte che Gesù ha fatto ed è la presenza solenne dello Spirito Santo, la celebreremo domenica prossima con la Pentecoste.

Qual è il significato della festa dell’ascensione? Io comincerei prima di tutto col sottolineare le battute finali del vangelo che abbiamo ascoltato. È sempre Luca che racconta: “Li condusse fuori verso Betania, alzate le mani li benedisse e mentre li benediceva si staccò da loro e fu portato verso il cielo”. C’è questo fatto un po’ misterioso che lascia gli apostoli con gli occhi all’insù. Nello stesso racconto della prima lettura troviamo qualche particolare in più; vediamo che, mentre Gesù sale, a un certo punto restano tutti con lo sguardo all’insù a guardare dove fosse andato a finire Gesù. E due uomini vestiti di bianco, dice per esattezza il vangelo, si premurano di dire agli apostoli: “Ma perché state a guardare in cielo? Quel Gesù che è salito un giorno con la stessa potenza tornerà”. Ed essi tornarono a Gerusalemme, racconta Luca. La stessa cosa ci dice nel brano del vangelo: “Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia”.

Dunque non si rattristarono perché Gesù se ne era andato, anzi con grande gioia tornarono a Gerusalemme. Il fatto che sono pieni di gioia ci fa comprendere che gli apostoli non hanno vissuto tutto questo come un momento di separazione, non lo hanno inteso così, altrimenti non sarebbero pieni di gioia. La gioia invece è il segno che gli apostoli hanno capito che questo è semplicemente il momento che chiude il tempo delle apparizioni, il tempo in cui Gesù si è fatto vedere più volte, per sostenere la loro poca fede. Pensiamo per esempio all’episodio di Tommaso. Ma poi nel momento in cui il Risorto ha ritenuto che fossero ormai pronti per la missione, ha smesso di raggiungerli con la sua presenza fisica, visibile e li ha orientati ad accoglierlo nella sua presenza nella Parola e nel Sacramento.

Dunque gli apostoli hanno capito questo e pieni di gioia tornano a Gerusalemme e vivono nell’attesa del dono promesso. Gesù nel vangelo aveva detto proprio questo: “Fermatevi a Gerusalemme ancora qualche giorno e aspettate il dono, quello che il Padre vi ha promesso. Quando lo riceverete sarete testimoni”. Allora il primo significato dell’ascensione è che i discepoli del Signore non cercano più di vedere Gesù con gli occhi del corpo, ma hanno imparato a vederlo con gli occhi della fede nei segni, nei sacramenti.

Un altro significato che dobbiamo cogliere nell’ascensione è il fatto che Gesù, salendo al cielo, porta a compimento il disegno di salvezza che Dio Padre aveva preparato per noi; Lui, come Verbo di Dio, era da sempre presso il Padre ma la novità ora sta nel fatto che accanto a Dio c’è un uomo glorificato e se c’è un uomo, in quell’uomo ci sono tutti gli uomini, ci siamo tutti. Gesù, salendo al Padre, ci ha aperto la strada; accanto al Padre l’uomo Gesù glorificato, crocifisso e risorto intercede per noi, è lì a farci capire qual è il nostro destino, è lì a pregare per noi, è lì a sostenerci, accanto al Padre, per dirci: “Qui dovete venire tutti quanti”.

Quando Gesù parlava la sera della cena aveva detto ai suoi: “Io vado a prepararvi un posto”. Ecco l’ascensione. Gesù è andato davanti a noi a prepararci un posto, a prepararci una strada e allora, sapendo che la strada è aperta, sapendo che il posto c’è per tutti, non solo per alcuni privilegiati, ecco che la nostra vita acquista un significato nuovo, diventa veramente un cammino verso quel posto, verso quella piena glorificazione. Dunque la festa dell’ascensione è una festa che fa risvegliare nel nostro cuore un desiderio che è quello della patria beata, il desiderio di raggiungere, noi, membra del suo corpo, il capo che è Gesù e che è già accanto a Dio. E dunque nella glorificazione dell’uomo Gesù è già anticipata la glorificazione di tutta l’umanità e di ciascuno di noi. È dunque la festa del nostro destino, della nostra meta, è la festa che relativizza tutto quello che succede quaggiù, tanto passa, di bene, di male, di importante, di meno importante, di gioioso, di doloroso, tutto è relativo, tutto perché tutto passa e la vera gioia è sedere per sempre alla destra del Padre come Gesù e con Gesù, godere della gloria piena che Gesù ha promesso per ciascuno di noi.

Questi dunque sono i significati da recuperare della festa dell’ascensione, vi dicevo all’inizio, non una festa che chiude, ma una festa che apre, ci apre a desideri nuovi, ci apre a sogni nuovi, ci apre a una rinnovata nostalgia, la nostalgia della patria beata che noi tante volte, attaccati alla patria di quaggiù, dimentichiamo, eliminiamo dall’orizzonte dei nostri pensieri e dei nostri impegni quotidiani.