Omelia Battesimo del Signore

07-01-2024

Letture:
Is 55,1-11
Sal da Is 12,1-6
Mc 1,7-11

Quella di oggi è la terza manifestazione di Gesù; la prima a Betlemme ai pastori, gente semplice, umile, povera; la seconda ai magi, gente che veniva da lontano, assetata di verità; la terza oggi, al Giordano, alla folla. Finalmente la parola del Vangelo si manifesta a tutti, diventa un fatto di popolo, di massa, possiamo dire. Però tra la seconda e la terza manifestazione – per noi è passato appena un giorno –  nella sequenza dei fatti sono passati ben trent’anni; infatti Gesù ha trascorso i primi trent’anni della sua vita in maniera, potremmo dire, assolutamente anonima, confuso tra la gente a Nazareth e quei trent’anni ci danno un grande insegnamento: Gesù non aveva fretta, aveva una missione da compiere, certo, però la sua missione l’ha svolta in appena tre anni, cioè in rapporto da uno a dieci, tre anni di vita pubblica, trent’anni di vita nascosta; i Vangeli non ci dicono proprio niente di questi anni, non sappiamo  che cosa è successo in questi trent’anni, è il vangelo non scritto.

Perché questo silenzio? Certo ha grande valore e dà un grande insegnamento, a noi che a volte siamo inguaribilmente malati di fretta, che vogliamo cambiare il mondo da un giorno all’altro e se poi non ci riusciamo, ci lasciamo andare a crisi depressive o d’isterismo che facciamo poi ricadere sugli altri. Gesù è stato tranquillamente trent’anni in silenzio, confuso tra la gente, per farci capire che la missione di salvare il mondo non si fa necessariamente con le prediche, con i miracoli o cose straordinarie; il mondo si salva, si cambia con la vita normale, concreta, di tutti i giorni, vita che Lui ha fatto per trent’anni; il mondo si cambia  con il lavoro quotidiano, laddove noi cristiani, confusi tra la gente, immersi nella storia di tutti i giorni, portiamo, con il comportamento, con quello che facciamo, la novità nella quale crediamo, quella del Vangelo. Perciò, se manca l’impegno quotidiano, ordinario, di sempre, di tutti i giorni, se manca quello, è inutile poi aspettare prodigi e miracoli per cambiare le cose, non cambierà mai niente, fino a che non cambiamo noi e cominciamo ad essere gente che nella vita di tutti i giorni porta davvero la novità del Vangelo.

Adesso veniamo all’episodio di oggi, il Battesimo. Dicevo, è la terza manifestazione di Gesù; questa volta Gesù è al Giordano e con il suo comportamento lascia un po’ stupito Giovanni Battista; gli altri evangelisti ci informano sul fatto che Giovanni non voleva battezzare Gesù, che non aveva peccati da farsi perdonare, non aveva conversioni da fare. Eppure lui compie un gesto di altissimo valore: si mette in mezzo ai peccatori, confuso tra di loro, come uno di loro, Gesù non si vergogna di chiedere quel gesto di purificazione.

Gesù non si è vergognato di stare in mezzo ai peccatori e di aspettare pazientemente il suo turno. É un gesto di altissima solidarietà; Gesù si è confuso con i peccatori, pur non essendo peccatore, per dire a noi: il mondo non si cambia con un tocco di bacchetta magica, né con leggi e decreti, il mondo si cambia nella misura in cui cambio io, cambiamo noi, dentro. Ecco perché Gesù si è confuso tra i peccatori, per farci capire che quella è la strada, non saranno mai i potenti, i grandi, i forti, le leggi a cambiare il mondo, ma gli umili, i poveri, coloro che non hanno nessuna pretesa di influire sugli altri, ma che pensano soltanto a fare pazientemente, seriamente, coerentemente il proprio dovere, giorno per giorno.

Questo gesto di grande solidarietà di Gesù ha tante cose da insegnarci: Gesù mostra il volto solidale di Dio con i peccatori, un Dio che non è venuto a giudicare, a puntare il dito, a condannare nessuno, ma è venuto a mettersi in gioco assumendo questa carne di peccato, facendola sua.

Gesù si è messo in mezzo ai peccatori, non si è scelto il vicino, si è fatto Lui vicino ai peccatori. Quante cose abbiamo da imparare da questo nostro Maestro! E, dunque, quando Gesù compie questo gesto di estrema solidarietà, una voce dal cielo, la voce del Padre si fa sentire: “Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto”, Traduciamo in linguaggio moderno quelle parole: “Bravo, Gesù, hai cominciato proprio bene! Così devi fare! Questa è la strada!”. Gesù è stato in quel momento avvalorato da Dio Padre per la sua scelta di solidarietà:

“Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto. Sono fiero di te”, dice Dio a suo Figlio. Potrebbe Dio dire le stesse cose di me, di noi? Non lo so, ma ho paura di no. La sera, quando chiudiamo la giornata, se qualche volta riusciamo a fare un po’ di esame di coscienza, proviamo a farci questa domanda: che direbbe Dio a me stasera? Mi potrebbe dire quello che diceva a Gesù: “Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto”?  Noi siamo intorno all’altare, attraverso l’ascolto della Parola e il Pane che Lui ci dà per nutrirci, possiamo aspirare a provare questa intima gioia, sentirci dire da Dio le stesse parole che disse a Gesù al Giordano: “Figlio mio, sono fiero di te”.