Omelia Domenica delle Palme e della Passione del Signore

28-03-2021

OMELIA
Domenica delle Palme e della Passione del Signore
28 marzo 2021
Letture:
Is 50,4-7
Sal 21
Fil 2,6-11
Mc14,1-15,47

La passione di Gesù è un racconto che davvero ci prende l’anima, è difficile restare indifferenti o restare freddi osservatori. Il racconto, così come ce lo ha presentato San Marco, ci consegna tanti spunti di riflessione, soprattutto se cerchiamo di non considerarci spettatori, per quanto commossi e intristiti, ma protagonisti dentro quella storia.
Sì, dentro quella storia ci siamo davvero tutti, pensiamo per esempio ai discepoli, quelli che lo avevano seguito fin da principio, che avevano sentito tutte le sue parole, che avevano visto le sue opere, compiaciuti, a volte anche forse un po’ orgogliosi di essere i discepoli di questo maestro che faceva cose così grandi, qualcuno si era montato anche un po’ la testa. Eppure questi discepoli fuggono tutti, il Vangelo: dice proprio così: tutti lo abbandonarono. Perché non sopportarono questo smacco, loro avevano riposto in Gesù le speranze di un futuro migliore, avevano fatto anche i loro calcoli di fare la scalata al successo e invece Gesù viene arrestato nel più indecoroso dei modi, attraverso il bacio di un amico; tutti lo abbandonarono. …E non succede anche a noi tante volte di abbandonare Gesù?
É proprio quello che accade tutte le volte che non lo riconosciamo nel fratello che ha bisogno di noi, che patisce ingiustamente, che viene tradito dal bacio degli amici.
E poi pensiamo al rinnegamento di Pietro. Una figura davvero pietosa, rinnegare il Maestro non davanti al sommo sacerdote o davanti alle guardie con le armi puntate, no, no, davanti ad una serva. “Proprio tu”, gli aveva detto Gesù, e quando il gallo canta la prima, poi la seconda volta, ecco che si ricorda le parole e dice il Vangelo: uscì fuori e scoppiò in pianto.
Noi dovremmo chiedere al Signore come frutto dell’ascolto di questo racconto il dono delle lacrime; sì, noi ci vergogniamo, se dobbiamo piangere andiamo a piangere di nascosto, perché non vogliamo che ci veda nessuno, eppure le lacrime sono il segno di una persona che vive intensamente una situazione. Dovremmo chiedere al Signore il dono delle lacrime per tutti i tradimenti, i rinnegamenti, per tutti gli atti di orgoglio: “Proprio tu”, dice Gesù a ciascuno di noi oggi.
Gesù dunque è andato fino in fondo, non ha avuto paura di assoggettarsi a sofferenze indicibili, e per di più ingiuste; Lui non ha fatto nulla di male. Sì, non era giusto tutto quello che è successo a Gesù, eppure Lui ha taciuto, non si è ribellato. Allora due sono le cose: o è un pazzo, un folle da legare, oppure è un Dio, perché solo Dio sa fare queste cose, noi non le faremmo mai e poi mai, …o è un pazzo o è un Dio.
E l’unico che ha capito tutto in questa tragedia, paradossalmente, è uno straniero, il centurione romano. Dice il racconto: allora un centurione, vedendolo morire così, disse: “Veramente quest’uomo era il Figlio di Dio”, perché solo un Dio poteva fare tutto questo e farlo per amore, per amore di gente, che siamo noi, che non se lo merita, per amore di quelli che lo avevano tradito, lo avevano abbandonato, di quelli che lo avevano insultato, schiaffeggiato, sputato, per amore di tutta questa gente, per amore di noi Gesù è andato fino in fondo.
Lo capiremo mai questo amore? Riusciremo a comprenderlo? Si vedrà che lo abbiamo capito solo quando nello scorrere della nostra vita cominceremo anche noi a fare i folli, i pazzi dell’amore.