Omelia II Domenica di Pasqua

11-04-2021

OMELIA
II Domenica di Pasqua
Andria, 11 aprile 2021
Letture:
At 4,32-35
Sal 117
1Gv 5,1-6
Gv 20,19-31

La pagina del Vangelo di oggi è tutta disegnata sulla testimonianza dell’apostolo Tommaso. Potremmo definirla la domenica di Tommaso, senza dimenticare, però, che in lui ci siamo tutti oggi, e ben rappresentati! Risaltano le parole quasi di sfida che quando rientra nel gruppo, visto che non era stato presente la sera del giorno di Pasqua, egli rivolge ai suoi compagni. Essi con tanta gioia gli dicono di aver visto il Signore, ma lui con durezza dice: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo” (Gv 20, 25). Le parole sono categoriche, non ammettono repliche. La gioia degli amici che gridano “Abbiamo visto il Signore!” non tocca il cuore dell’apostolo, egli è ancora prigioniero dello sconcerto per la morte violenta del maestro. Appena pochi giorni prima, quando Gesù aveva manifestato il suo desiderio di andare a Gerusalemme, aveva commentato non sappiamo bene se con entusiasmo o piuttosto con rassegnazione: “Andiamo anche noi a morire con lui!” (Gv 11, 16).
Il cruccio di Tommaso è duplice: da una parte aver assistito alle terribili scene della passione nelle ultime ore di vita del suo maestro che si era proclamato Figlio di Dio e poi era andato a finire inchiodato ad una croce e dall’altra l’umiliazione personale di esser fuggito nei momenti in cui, insieme con gli altri suoi compagni, era stato preso dal panico che la sorte del maestro potesse diventare anche la sua, proprio lui che aveva dichiarato di essere disposto a dare la vita per lui.
Gesù risorto, invece, sorprende lui e tutti con le sue parole di dolce rimprovero, parole severe, ma certamente cariche di tanto tanto amore: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!” (Gv 20, 27). L’invito di Gesù a toccare le ferite della passione è un potente invito rivolto anche a noi e, a partire da lì, proprio dalle ferite dell’amore crocifisso, far sbocciare la fede nel maestro risorto. Non si può credere alla risurrezione se non a partire dalle ferite di un amore senza confini e senza riserve, un amore che ha inchiodato Gesù alla croce dell’ingratitudine e della cattiveria umana. Ma tutto è durato solo poche ore. La vita è più potente della morte, l’amore è più forte dell’odio! Gesù entro poche ore ha lasciato il sepolcro più vivo che mai!
In questa seconda Domenica di Pasqua, dunque, siamo tutti invitati a ritrovare uno sguardo nuovo sul male di cui siamo testimoni nella storia che ci tocca vivere ed anche sul male di cui noi stessi siamo stati e siamo autori. Questa è denominata infatti anche domenica della divina misericordia, ricordando l’esperienza mistica di santa Faustina Kowalska, una suor polacca vissuta nei primi anni del secolo scorso. E l’insegnamento che ci consegna questa grande esperienza mistica è che il nostro sguardo sul mondo deve essere quello di Dio che in Gesù suo figlio ha manifestato la sua immensa compassione per tutte le sofferenze causate dal dilagare del male, in tutte le sue forme. E questa immensa compassione noi cristiani di questo tempo la dobbiamo testimoniare con l’impegno a mettere riparo a tanto male con un surplus di amore e non col vagheggiare procedimenti di tipo vendicativo.
Tommaso riesce a fare questo passo e ad accettare con fiducia la sconfinata misericordia del suo divino maestro, proclamando con umiltà piena di fede e intima convinzione: “Mio Signore e mio Dio!”, finalmente toccato dalle parole penetranti del Risorto. Ma risulta illuminante per noi la beatitudine che Gesù proclama al termine del dialogo, è una beatitudine che sentiamo come particolarmente dedicata a noi: “Perché hai veduto, hai creduto, Tommaso! Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”. E ci piace sottolineare, carissimi fratelli e sorelle, che Gesù pensava anche a noi, quando pronunciava queste straordinarie parole, perché anche noi facciamo parte dell’immenso coro di quanti non hanno visto, ma fermamente credono! Sì, non abbiamo visto, ma crediamo.
Proprio per la sua chiusura nei confronti degli altri, la sera della Domenica di Pasqua Tommaso prima di crollare ai piedi di Gesù, aveva vagato da solo chissà dove e non c’era insieme agli altri suoi compagni la sera di quel giorno, il primo dopo il sabato, quando Gesù venne per la prima volta in mezzo ai suoi. Questo ci insegna che la via per ritrovare la gioia di credere è fidarsi di Dio, ma anche liberarci dall’idea che la fede sia un’avventura da correre a titolo personale, dobbiamo invece imparare sempre di più a fidarci delle persone che abbiamo intorno, nella grande famiglia che è la Chiesa, dove tutti abbiamo briciole di vangelo da ricevere e da donarci gli uni agli altri.
La vita matrimoniale, l’amicizia, ogni relazione umana va incontro talvolta a ferite e delusioni anche molto amare. La Domenica della Misericordia ci ricorda che Dio ci dona la grazia di non rispondere alle ferite rinchiudendoci nella delusione, ma di affrontarle ricominciando a credere alle persone che abbiamo accanto, che sono sempre la via e l’occasione per un nuovo incontro con il Risorto.