Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo

14-06-2020

OMELIA
Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo
Andria, Parrocchia San Riccardo, 14 giugno 2020
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Letture:
Dt 8, 2-3. 14-16
Sal. 147
1 Cor 10, 16-17
Gv 6, 51-58

Quando si legge una pagina del Vangelo come quella di oggi, io credo che la prima reazione immediata che viene dal cuore è di una grande tristezza. Mi chiederete: Perché? Perché da una parte vediamo Gesù che fa un discorso forte, serio e chiaro. Solo chi non vuol capire non capisce. “Io sono il pane vivo. Il pane che io vi darò è la mia carne per la vita del mondo. Il mio sangue è la bevanda. Chi mangia di questo pane vivrà in eterno. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui”. Parole, dunque, chiare, Gesù ha dato sé stesso attraverso il
pane e il vino, il corpo e il sangue suo, l’Eucaristia, insomma.
Quando Gesù ha detto queste cose nessuno, neppure gli apostoli presenti, nessuno ha capito. Dopo, quando questo mistero, ora preannunciato, si sarà realizzato, nella notte del Giovedì Santo nel momento della cena e poi nella risurrezione, ecco che gli apostoli hanno capito. Ora – dicevo – una grande tristezza… Perché? Da una parte questo discorso così chiaro, così bello, così entusiasmante e dall’altra il dover prendere atto che la gran parte dei cristiani vive senza questo Pane.
Le statistiche che si fanno un po’ dappertutto ci dicono che i cristiani, i credenti che abitualmente frequentano la domenica la mensa eucaristica sono il 10-15%, nella migliore delle ipotesi il 20% e tra questi ce ne sono tanti che non fanno mai la comunione, magari una volta l’anno o quando capita…Ecco perché – dicevo – viene una tristezza… Che peccato! Che dolore dover costatare che questo sacramento, che è il cuore della Chiesa ed è il cuore della vita cristiana è disatteso, trascurato perché molti si sono convinti che non è necessario, si può anche stare senza.  E, difatti, molto spesso la frase che tanti dicono è proprio questa: “Ma che c’è bisogno di andare in Chiesa per essere cristiani? C’è bisogno di andare a messa?”
Ebbene, finiamola una volta per sempre con questa storia! Sì, c’è bisogno di andare a messa perché bisogna accostarsi a questo Pane, altrimenti significa dire a Gesù: “Caro Gesù, io ti voglio bene, ma chi te l’ha fatta fare? Perché mi hai lasciato questo dono? Ma chi te lo ha chiesto? Chi lo vuole? Io sto bene senza! Mi piacciono altri pani, altri cibi… Quello che mi dai tu non mi serve, non mi interessa, non mi importa!”.
Molti cristiani sono disaffezionati dal sacramento dell’Eucaristia e questo davvero – dicevo prima – è un dolore, è una tristezza. E le statistiche dicono che in questi ultimi anni i numeri sono ancor di più diminuiti!  È come un fornaio che tutti i giorni fa il pane e, invece di vederlo arrivare sulla mensa dei suoi clienti, lo deve buttare perché nessuno lo compra. Che pensa il fornaio a sera? “Che peccato! Tanti soldi, tanto sacrificio, tanto lavoro…”. È la stessa cosa con questo pane!
Ci sono a volte, di fronte a questo Pane, che è Gesù, due reazioni diverse, strane: o andiamo a prendere questo Pane con una certa leggerezza, come se si va a prendere una caramella (pensiamo certe volte nei funerali, gente che non vedi mai in Chiesa, ma tutti quanti in fila a fare la comunione!), quindi si fanno comunioni come se fosse un giochino da bambini oppure non si fanno mai comunioni e si vivono anni e anni di vita cristiana senza mai una comunione. Come si fa? Come si fa a vivere la vita di fede senza accostarsi con una certa frequenza alla comunione?
Ma se non si mangia, si muore, come è nella vita del corpo, così è nella vita dello spirito, nella vita dell’anima, nella vita di fede. Se non si mangia questo pane dell’altare, si muore, la fede muore! Possiamo anche essere osservanti, perché più o meno veniamo in Chiesa…, ma qui non si tratta di venire in Chiesa, qui si tratta di mangiare! Gesù si è fatto Pane e ha comandato ai suoi apostoli quella sera: “Prendete e mangiate…”! Allora essere discepoli, essere commensali di Gesù significa davvero che noi dobbiamo avvertire il bisogno, l’ansia, il desiderio, la fame di questo Pane che è Gesù.
Ma, purtroppo, con grande tristezza – dicevo – dobbiamo riconoscere che molti cristiani non hanno fame di Gesù, pensano di poterne fare a meno. Perché? Non hanno fame? Qualcuno potrebbe dire: “Ma io mica mi posso confessare tutte le volte?”. E chi l’ha detto che ti devi confessare? Cerca di vivere in grazia di Dio, è molto più facile, forse, che non confessarsi! E poi la confessione se ci sono dei peccati gravi, altrimenti non importa, appena possibile la fai. Ma fai la comunione, accostati, mangia! Che cosa pensiamo noi, quando siamo invitati ad un pranzo, tutti seduti attorno alla mensa e non mangiamo? Chi ci ha invitato, ci dice: “Ma scusa, perché non mangi?”. “Non ho appetito!”. “Be’, che sei venuto a fare?”. Oppure: “Ho già mangiato!”. Ecco, molti cristiani non hanno appetito quando vengono a sedersi a questa mensa. Perché? Hanno già mangiato, sono sazi. Di che? Di sé stessi, del proprio orgoglio, della propria presunzione, della mania di pensare che io mi salvo da solo con le mie forze, con le mie bravure, non è Gesù che mi salva, sono io che mi salvo! Rifiutare quel Pane significa dire: “Non ne ho bisogno!”.
Ma chi può dire a Gesù: “Non ho bisogno di te”? Tutti abbiamo bisogno di Lui perché viviamo la condizione di pellegrini. Ed ecco allora, la prima lettura ci ha ricordato un popolo di pellegrini, il popolo ebreo che andava nel deserto dalla condizione di schiavitù alla condizione di libertà e, lungo questo viaggio, si stancava, perdeva la voglia di camminare e, addirittura, rimpiangeva la condizione dell’Egitto e allora Mosè parlò al popolo e disse: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere. Ricordati della terra d’Egitto da cui sei uscito, ricordati della terra dove sei diretto, ricordati che sei pellegrino, sei in cammino, non ti attaccare alla tenda che hai fatto qui perché poi, fra un po’, la devi lasciare e devi continuare il cammino…”.
La condizione dei pellegrini! E, quando si fanno viaggi lunghi, come si fa? Si porta la scorta in provvista: ecco il Pane del pellegrino, Gesù è proprio questo! Lui sa che la nostra vita è un pellegrinaggio, lo sa che da soli non ce la facciamo, lo sa che ci stanchiamo, lo sa che cadiamo e allora ha detto a noi: “Ecco, io vi preparo un bel pane, portatelo sempre nel vostro zaino, al momento opportuno, quando siete stanchi, quando pensate di non farcela, mangiate questo pane e vedrete che il cammino tornerà a farsi agile e vigoroso”. Il Pane dei pellegrini.
E così, Gesù nel Vangelo, – avete sentito – insiste a più riprese: “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue…”. Se non mangiate, se non bevete…! Ecco allora che la celebrazione del mistero dell’Eucaristia, il Corpus Domini è una sollecitazione a fuggire da due peccati nei quali possiamo cadere: o l’abitudine, cioè fare comunioni di routine o la mancanza di appetito, pregare perché tanti cristiani tornino ad avere appetito di questo Pane.
Ma c’è un ultimo pensiero brevissimo che dobbiamo pur cogliere dalla liturgia della Parola e ce lo offre San Paolo nella seconda lettura: “Poiché c’è un solo pane, una è l’Eucaristia, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo perché tutti partecipiamo dell’unico pane”.  L’Eucaristia ci unisce, Gesù ci unisce, Gesù ci unisce! Quando noi non riusciamo ad essere uniti, vuol dire che siamo lontani da Gesù. Riflettiamo su questo, riflettiamo! Battiamoci il petto tutti quanti, come facciamo tutte le volte all’inizio della messa! Avete notato? Ogni volta che cominciamo la messa, la prima cosa che facciamo qual è? “Mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa…” Per dire che noi non siamo degni e non saremo mai degni di celebrare l’Eucaristia. Mai! Però accogliamo questo dono; Gesù ci unisce, non le nostre persone, non i nostri gruppi, non i nostri stendardi, non i nostri distintivi… Gesù ci unisce! Quelle realtà vanno bene se ci aggregano, però in fin dei conti, al di sopra, al di là di tutte le appartenenze minori, c’è l’appartenenza grande alla famiglia che è la Chiesa, non ci sono due, tre, quattro, cinque Chiese, ma una. Una è la Chiesa! Uno è l’altare! Una è la mensa!  Uno è il corpo! E allora se noi ci lasciamo plasmare di più da Gesù, certamente riusciremo di più a celebrare delle Eucaristie che non siano degli insulti a Gesù perché quando un’Eucaristia è celebrata nella divisione, è un insulto a Gesù, ricordiamocelo! Se veramente, invece, ci apriamo al Signore, ogni Eucaristia sarà un passo avanti nell’unità, nell’unione con tutte le nostre colpe e miserie, ma con la voglia matta di unirci e di essere uniti e questa voglia non ci deve mai lasciare, anche nei momenti più difficili che ci fanno più soffrire!