Solennità di San Riccardo

09-06-2022

Carissimi Confratelli, carissimi fratelli e sorelle,
La pagina del vangelo che abbiamo ascoltato ci ha ricordato ancora una volta che Gesù, il Bel Pastore continua a guidare noi, uomini del terzo millennio dell’era cristiana, nei sentieri della storia. E se noi, come le pecore del vangelo, facciamo spesso l’esperienza di peregrinare sbagliando strada e percorso, Lui, il divino Pastore, non si stanca mai di parlarci, di richiamarci amorevolmente, di venire a cercarci, per ricondurci nella giusta direzione. Ed è proprio quello che si compie oggi per la nostra Chiesa che festeggia il suo santo patrono, il Vescovo San Riccardo.

Lo stile di Gesù, ci ricorda il libro dei Vangeli, è stato di essere vicino a ogni persona, questo è e deve essere lo stile anche della nostra Chiesa: essere vicina agli uomini e alle donne delle nostre città, in questo tempo. Sì, se la missione di Cristo è questa, se lo stile di Cristo è stato improntato a questa vicinanza agli uomini di quel suo tempo, lo stile della Chiesa, a cominciare da noi, suoi pastori, deve ricopiare fedelmente il suo stile di pastore attento, vigilante, sicuro, forte e responsabile, facendo di tutto perché nessuno si smarrisca e se pure qualcuno si smarrisce, avere l’instancabile ansia di cercare gli smarriti e coloro che son caduti, senza rassegnarci mai alla logica del concentrarci nel servire chi viene con un servizio religioso puntuale, preciso, accuratamente preparato e condotto, ma totalmente disinteressato verso tutti gli altri.

Dobbiamo riconoscere che oggi, culturalmente parlando, viviamo in una sorta di adolescenza prolungata. Vogliamo essere indipendenti e lasciare che l’istinto o il caso dirigano i nostri passi. Ma questa pretesa di libertà è fuorviante. Non è libero chi fa ciò che vuole, ma chi sa come dirigere i propri passi verso alcuni valori autenticamente umani e umanizzanti, e proprio per questo autenticamente cristiani. La sindrome dell’orfano attanaglia la vita di molte persone. E sono molti che percorrono le strade del mondo senza modelli di riferimento o, purtroppo, con modelli deviati, provenienti dalla cultura dominante. E quel che è peggio, sono molti, soprattutto tra le fasce giovanili, che vivono senza il riferimento di una di una persona adulta che si prenda cura di loro. L’immagine di Gesù come Pastore ci ricorda, invece, che non siamo soli nella vita. E che siamo importanti per Qualcuno, per il Signore, il divino Pastore! E lo siamo tutti, nessuno escluso.

Dal testo del Vangelo di oggi comprendiamo esattamente proprio questo: Dio ci ama personalmente. Nelle parole di Gesù: “Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”, c’è una reciproca comunione d’amore e di conoscenza. Ci ricorda sant’Agostino che “Dio ama ciascuno come fosse l’unico”. Sì, Dio chiama tutti e ciascuno a essere “figli nel Figlioper entrare in quello stupendo rapporto che intercorre tra il Padre e il Figlio Unigenito in seno alla Trinità. È davvero entusiasmante il solo pensiero che il Padre quando guarda ciascuno di noi, è come se guardasse suo figlio Gesù. E questo rapporto viene espresso da Gesù quando dice: “Vi amo e vi conosco come il Padre conosce me e io conosco il Padre.

Sì, cari fratelli e sorelle, la salvezza operata da Cristo ci ha messo in una condizione particolare di grazia e amicizia con Dio. Noi siamo realmente figli di Dio. Nel mistero della Pasqua di morte e risurrezione, noi abbiamo accesso alla vita divina già mentre siamo in cammino in questa vita, e poi lo saremo in pienezza nell’eternità. E questo, nella misura in cui, mentre scorre la nostra vita, noi conosciamo, amiamo e serviamo il Signore, coscienti della nostra dignità di uomini e di figli adottivi di Dio.

Senza darlo troppo per scontato, perciò, occorre che dinanzi a questa pagina del vangelo noi tutti, facendoci accompagnare dal nostro santo protettore, il Vescovo Riccardo, ci chiediamo in un serio esame di coscienza: Chi conduce davvero oggi la mia vita? Su quali pascoli essa scorre? Dietro quale pastore essa è in cammino? Dice Gesù nel vangelo: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e mi seguono” Tra questi ci sono anch’io? Gesù offre la sua vita per amore delle sue pecore. Gesù è l’unico pastore che mi ama, che mi conosce e mi valorizza come nessun altro. Egli non mi ama per avere un tornaconto come fanno i mercenari. Il suo amore senza condizioni è vero e serio: Gesù sceglie di donare la sua vita, non vi è costretto, lo desidera e lo fa, perché davvero mi ama…E dunque subito viene la domanda per il nostro esame di coscienza: Noi, per cosa stiamo spendendo la vita: per amore di Lui o per la ricerca di successo, di consenso, addirittura di potere sugli altri, talvolta, perfino con la scusa del servizio ecclesiale? Oggi affideremo ad alcuni membri delle nostre comunità parrocchiali alcuni servizi di carattere liturgico, ma questo discorso conserva la sua perenne attualità e ci chiede di essere sempre tutti in guardia, per evitare ogni deriva.

L’unico ed il vero interesse di Gesù è il mio bene; il suo unico desiderio è che io possa pascolare in prati erbosi e dissetarmi a sorgenti d’acqua pura. Egli è morto per indicarmi la strada, ha donato la sua vita per la mia. Anche noi, che siamo fatti a sua immagine, siamo chiamati ad amare, amare sempre, amare e servire tutti, come Lui e con Lui!! Vivere come suo gregge significa prendere sul serio le parole di Gesù, riferirsi a lui nelle scelte quotidiane, amare e amarci come lui ci ha chiesto e ci ha mostrato, insomma vivere da risorti, da salvati.

L’immagine del pastore e del gregge contiene inoltre un chiaro riferimento alla Chiesa, nuovo popolo di Dio, che trae vita e significato esclusivamente dal suo rapporto con Gesù e, per mezzo suo, con il Padre. I credenti in Gesù partecipano della stessa libertà di cui è dotato il loro pastore. Essi, noi, non lo seguiamo per costrizione o per paura, o per ricavare benefici per noi, ma perché siamo entrati nella sua mentalità e nel suo modo di vivere. Perciò, carissimi, vi esorto: Scegliamo decisamente Gesù come nostro pastore, rinnoviamo ogni giorno questa scelta, torniamo ogni giorno di più a scegliere sempre e solo il Vangelo come metro di giudizio per le nostre scelte di vita, dalle più piccole a quelle più impegnative.

E, in definitiva, carissimi, auguriamoci tutti, con cuore sincero, che dopo questi due anni di attività ridotte a causa del covid, la ripresa della vitalità ecclesiale sia segnata da una insopprimibile sete di autenticità e di vero amore per il Signore e per il mondo. E perché questo accada ci vogliamo affidare alla protezione e alla guida amorevole dei nostri santi protettori: il Vescovo San Riccardo, ma anche san Sabino, anch’egli Vescovo e l’Arcangelo San Michele.
AMEN!