XV Domenica del tempo ordinario

12-07-2020

OMELIA
XV Domenica del tempo ordinario
Andria, Chiesa Cattedrale, 12 luglio 2020

Letture:
Is 55,10-11
Sal 64
Rm 8,18-23
Mt 13,1-23

Abbiamo incominciato con questa domenica la lettura del cosiddetto “Capitolo delle parabole” del Vangelo di Matteo. L’evangelista, nella sua opera di redazione, ha raccolto insieme una serie di parabole, raccontate da Gesù, forse anche in circostanze diverse, ma Matteo, per unità tematica, le ha raggruppate insieme e così noi le leggeremo in sequenza in tre domeniche.
Oggi è dunque la prima, quella del seme, o, come siamo più abituati a chiamarla, la “parabola del seminatore”. Stando alla redazione di Matteo, è Gesù stesso che provvede a spiegarla ai discepoli che glielo chiedono. Anzi, in verità, i discepoli gli chiesero pure: “Ma perché parli in parabole?”. E Gesù nella sua risposta spiega che il raccontare parabole è, se così possiamo dire, una tecnica usata per costringere a riflettere. Cioè, non è tanto un ridurre a storielle semplici quelle che sono questioni di grande rilievo, ma, ripeto, un costringere a fare riflessioni molto concrete, esaminando la nostra vita, partendo da situazioni di vita.
E dunque, leggendo la parabola del seme, che certamente è una delle più famose, quali riflessioni ci tocca fare in risposta al Signore che ci ha parlato? Io partirei da una iniziale reazione di sconforto, che certamente abbiamo avvertito, nel prendere atto della enorme quantità di seme che resta senza frutto, perso, perché le operazioni della semina si svolgono forse in maniera improvvida, da parte dello stesso seminatore. Una parte sulla strada addirittura e diventa pasto per gli uccelli, una parte tra le spine, una parte tra le pietre e una sola parte su terra buona. Vien da dire: ma questo è proprio un seminatore sciupone, distratto, superficiale!
Ma il vero vertice della parabola, invece, che poi fa comprendere il tutto, è il momento in cui il seminatore, spargendo il seme sulla terra buona, ottiene frutti che nella resa vanno da un minimo del trenta al massimo del cento per cento, e così questa fruttificazione abbondante ripaga infinitamente tutta quella parte di seme che è andata sprecata.
Cioè questo vuol dire che la Parola di Dio ha una potenza d’azione tutta sua e non saranno mai le nostre insufficienze o le nostre risposte mancate o superficiali a renderla inutile. Certo, noi siamo responsabili di tanta Parola che il Signore depone nei nostri cuori, ma la parabola oggi ci vuol trasmettere innanzitutto questo: una incrollabile fiducia nella efficacia della Parola di Dio. Parola che è all’opera nella nostra storia, indipendentemente da quello che riusciamo a vedere o a valutare noi, con le nostre unità di misura o con i nostri criteri di valutazione.
Perciò, pur in presenza di tanta Parola purtroppo sprecata, noi credenti non dobbiamo mai perdere la fiducia e la certezza che dalla risurrezione in poi, la Parola viva del Signore è in cammino e in azione nella storia del mondo, anche al di là di quello che riusciamo noi a vedere e a costatare.
Colto questo messaggio di fondo, poi, non decide preventivamente dove seminare poco e dove tanto. Egli semina comunque sempre dovunque con gesto largo, a costo di apparire sprecone. Nessuno potrà mai recriminare col divino seminatore per il fatto che ha ricevuto meno grazia di altri.
Ci possiamo ora attardare un po’ a rivedere i vari passaggi della parabola, seguendo da vicino la scansione che Gesù stesso ci offre. Questo ci permette di personalizzare la riflessione e domandarci, ad esempio: qual è il mio atteggiamento dinanzi alla parola di Dio? Che terreno sono io dinanzi alla parola che in maniera abbondante Dio semina sempre nel cammino della mia vita?
Pensiamo innanzitutto al momento della celebrazione. Dio mi parla nelle letture, quando sono a Messa, ma, ad esempio, – permettetemi che dica – se io arrivo sempre con regolare ritardo e ascolto solo una parte della Parola o addirittura per niente, o se io non ascolto perché penso ad altro, come potrà questo seme portare frutto nella mia vita? È solo un esempio, ne potremmo fare tanti altri. Un seme per fruttificare deve scendere in profondità nella terra, e allora chiediamoci: quanto scende nella profondità del mio cuore la Parola di Dio che ascolto?
E poi ci tocca dire che il Signore ci parla, certo in maniera piena attraverso la sua Parola, il libro sacro, proclamata nella liturgia, ma ci parla anche in tanti modi, ci parla negli avvenimenti della vita, lieti o tristi, belli o meno belli che siano. Il Signore parla nella vita e se siamo attenti a vivere nell’ascolto, ogni occasione può essere buona per raccogliere messaggi che vengono da Dio e che ci vogliono aiutare a dare senso e valore a tutto ciò che viviamo.
Per fare un esempio tratto dai giorni particolarissimi che abbiamo vissuto nei mesi scorsi, perché non provare a chiederci: quali messaggi vengono da Dio attraverso tutto ciò che è successo e sta succedendo ancora in tanta parte del mondo a causa delle vicende legate alla diffusione del virus? Non sarebbe il caso di prendere atto ancora una volta di quello che veramente siamo, cioè persone segnate dal limite e dalla fragilità e certamente non dei padreterni che si possono permettere di agire senza regole e senza freni, unicamente protesi dalla insaziabile fame di potere, di successo, di denaro e cose del genere?
Ecco, carissimi fratelli e sorelle, lasciamoci perciò toccare il cuore dalla pagina evangelica di oggi e facciamo in modo che davvero siamo tutti terra buona nella quale questa Parola, fruttificando, porti novità di vita buona e bella, una vita che si lascia modellare dal vangelo.