XXX Domenica del tempo ordinario

25-10-2020

OMELIA
XXX Domenica del tempo ordinario
Andria, Chiesa Cattedrale, 25 ottobre 2020

Oggi è una di quelle domeniche nelle quali l’omelia quasi sarebbe di troppo perché la Parola di Dio è così chiara e forte che non avrebbe bisogno di molte parole di commento, tuttavia ci fermiamo qualche istante proprio per gustarla insieme. Partiamo dal vangelo che ci consegna oggi la chiave della vita di fede. A volte la nostra esperienza di fede è un po’ frantumata, dispersa in tante osservanze, norme, regole, divieti, proibizioni, la paura del peccato, la paura di incorrere nelle punizioni divine, il peso che a volte sentiamo nel dover osservare tante norme senza che ne siamo veramente convinti, la delusione che proviamo quando ci accorgiamo che poi alla fin fine non si può. E così arriviamo a dire che non si può mettere in pratica il vangelo perché è impossibile e così, con tutto il rispetto del vangelo di Gesù, noi facciamo diversamente perché siamo convinti che quella sia la cosa giusta.
Ecco, il vangelo di oggi ci riconsegna la chiave. Ed è proprio la risposta che Gesù ha dato a un dottore della legge, uno che le cose le sapeva bene: ma la domanda era stata fatta per metterlo alla prova: “Qual è il più grande comandamento della legge?”. Ai tempi di Gesù l’osservanza dei comandamenti si era spezzettata in una serie interminabile di precetti. Ci dicono gli studiosi che addirittura i comandamenti erano diventate seicentotredici prescrizioni, tutte cose minuziose, precise e a un certo punto ossessive, si viveva con la paura del peccato addosso. C’erano scuole di pensiero, c’erano discussioni, liti, allora andarono da Gesù per vedere lui che cosa diceva. La risposta di Gesù ancora una volta spiazza tutti. Il primo è: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutto il tuo animo”. Il primo comandamento è l’amore, questa è la chiave; se non ci decidiamo a munirci di questa chiave noi giriamo a vuoto ma non entreremo mai dentro la casa dell’amore di Dio.
Ma io mi immagino una difficoltà che subito ci viene in mente di fronte a questo comandamento. Ma come si fa, si può comandare di amare?! Si può comandare ad uno: “Tu devi amare Dio”?  E allora occorre dirci con chiarezza che posso amare Dio solo ad una condizione, se mi accorgo con sempre infinito stupore che Dio mi ama, che Dio è pazzo d’amore per me. Dio lo sa come sono fatto io, i miei difetti, i miei limiti, le mie povertà, le mie contraddizioni e ciononostante Lui mi ama. Un amore dunque gratuito, assoluto, totale, non condizionato da niente e da nessuno.
Bene, se io un giorno nella mia vita farò questa scoperta, mi accorgerò che Dio da sempre sta alla porta del mio cuore e bussa, non la sfonda, aspetta che la apra io dal di dentro. Cioè, è Lui che ci ama per primo, il nostro amarlo è già una risposta al suo amore. Certo, se abbiamo l’idea di un Dio padrone, capo, sempre pronto a punire i colpevoli, faticheremo ad amarlo; come si fa ad amare un padrone assoluto e severo?! Se invece scopro un Dio grande nell’amore, un Dio tenero, paziente, un Dio che si lascia mettere in croce perché ci ama davvero, allora non posso non amarlo, non posso non restituire a Lui il suo amore.
Questo è dunque il senso del comandamento: se io mi accorgo che Dio mi ama, lo amerò e non ci sarà bisogno che ci sia un comandamento che mi dica quello che devo fare o non fare, perché lo sentirò dal cuore, è l’amore che guida tutto, è chiaro che senza amore la fede diventa un peso. Ora, nel vangelo di oggi Gesù risponde alla domanda con queste parole: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze”. Ci colpisce il fatto che puntualmente Gesù ripete questo aggettivo: tutto. Cioè, con Dio non vanno le mezze misure: o gli diciamo un bel “sì”, chiedendogli anche che abbia pazienza con le nostre miserie o gli diciamo di “no”. Dunque, l’amore è una realtà che o coinvolge tutta la persona o non la coinvolge per niente. Non si può amare a metà. Se questo è vero tra noi creature umane, ancor più vero è nei confronti di Dio.
Il Signore però non si ferma qui. La richiesta riguardava il comandamento principale, ma Lui ne aggiunge subito un altro: “Il secondo è simile al primo: amerai il prossimo tuo come te stesso”. Cioè, intimamente legato col primo al punto che il primo senza il secondo non esiste. Qui, dice Gesù, è condensata tutta la Legge e i profeti. Ecco la chiave di cui parlavamo all’inizio: l’amore del prossimo che è importante tanto quanto l’amore di Dio ed è inseparabile da esso.
Certo, sappiamo bene che a volte l’amore del prossimo è difficile, a volte è infranto, è lacerato da tante situazioni, a cominciare dalla famiglia e poi allargando lo sguardo a tutto il mondo delle relazioni. La soluzione qual è? Gesù ci dice di amare, non dice di amare il prossimo buono, dice di amare il prossimo come te stesso. Tu che sbagli vuoi essere compreso? Allora devi comprendere se sbaglia il fratello. Tu che vuoi essere a volte aiutato, allora aiuta quando il fratello ha bisogno di aiuto, tu che ci tieni alla tua dignità e la proteggi, la difendi a volte a denti stretti, ricordati che anche il tuo fratello ha una sua dignità e non la calpestare in nessun modo e se ti capita di averlo fatto, chiedi scusa e basta, non ti trincerare dietro un’orgogliosa manifestazione di una tua presunta infallibilità.
Insomma, l’amore del prossimo va tutt’uno con l’amore di Dio. è facile dire a Dio: “Dio ti amo, ti voglio bene”, ma Dio non lo vediamo, vediamo il fratello. Dice san Giovanni nelle sue lettere: “Chi dice di amare Dio e non ama il fratello è un bugiardo”. Cerchiamo, perciò, quando veniamo in Chiesa, di non fare esperienze di menzogna. Ed è chiaro che l’amore non è sentimento, non è romanticismo, qualche volta è fatica, è impegno, ci costa. Ma Gesù sulla croce non ci dice niente? A Lui non è costato amarci? È chiaro che costa. Allora la soluzione, la chiave è amare il Signore e il prossimo e tutto può accadere se un bel giorno scocca una scintilla e ci accorgiamo che è Lui che ci ha amato per primo.