Messa nella Cena del Signore

14-04-2022

Letture:
Es 12,1-8.11-14
Sal 115
1Cor 11,23–26
Gv 13,1-15

 

Carissimi fratelli e sorelle,

vorrei concentrare la mia e la vostra riflessione, stasera, su alcuni passaggi delle letture che abbiamo appena ascoltato, soprattutto dalle battute iniziali del brano evangelico: “Gesù, sapendo che era giunta la sua ora, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. “Fino alla fine”, parole di una semplicità sconvolgente, ma di una intensità straordinaria. Parole cariche di fascino! “Fino alla fine”. Chissà se noi riusciremo mai a farci veramente almeno solo sfiorare da quelle parole. Proviamo a domandarci: che cosa vogliono veramente dire?

Fino alla fine”, cioè un amore che non dice mai basta, neanche quando avrebbe mille motivi per farlo, un amore che non prevede in nessun caso la parola fine. In nessun caso, mai. Anche, e direi soprattutto, quando non è corrisposto… di più, anche quando è tradito. Ebbene, proprio questa è la descrizione dell’amore di Gesù verso ciascuno di noi: un amore tradito, un amore non corrisposto. Eppure un amore rimasto intatto, tutto intero per ciascuno di noi. Gesù quella sera del giovedì santo sapeva di avere intorno, seduti a quella mensa per la cena pasquale, un gruppo di traditori, di rinnegati, un gruppo di uomini fragili, che mai e poi mai avrebbero potuto essere all’altezza di quello che lui stava facendo, mosso dal suo amore per loro. Eppure li ha amati. A tutti ha lavato i piedi, senza saltare nessuno perché indegno…

Ci ha detto san Paolo, riferendo quello che a lui era stato raccontato: che Gesù, “nella notte in cui veniva tradito, prese il pane, lo spezzò, lo diede loro…”.  Non era dunque una notte come tante altre, non era una notte qualunque, era la notte in cui veniva tradito. Ecco allora che vuol dire “fino alla fine”. Vuol dire “senza fine”. Non è un gioco di parole. Ma l’unica descrizione possibile del mistero. Nel vocabolario di Gesù non c’è la parola “fine”. Gli uomini, gli amici, gli intimi tradiscono, abbandonano, rinnegano, fuggono, trascurano, non hanno tempo, non hanno voglia e Lui, il Figlio di Dio, invece, ama e ama sempre e comunque, fino alla fine. Ama sempre, ama comunque, ama tutti. A tutti lava i piedi, davanti a ciascuno si inginocchia con gesto uguale, senza preferenze e senza alcuna diversità di trattamento. Per tutti spezza il pane, tutti vorrebbe abbracciare, stendendo le braccia sulla croce.

Certo, dobbiamo riconoscere che si tratta di un amore divino, è un amore folle! Ma proprio qui è il cuore della nostra riflessione: un amore se non è almeno un po’ folle, che amore è? Oggi, qui, intorno a questo altare e domani, poi, sotto la croce: questa è la scuola dell’amore. Qui, e solo qui, si impara ad amare. Questi sono i luoghi santi dell’amore, perché qui e solo qui si comprende la regola generale dell’amore, che è questa: un amore umano diventa divino solo quando è capace di diventare folle.

Riconosciamolo umilmente, quante e quante volte noi chiamiamo amore quello che è invece soltanto interesse, calcolo mistificato, ragionamento rigido e senza scampo, commercio indegno di affetti e di sentimenti, calcolo preciso del richiesto e del dovuto, che poi, proprio perché preciso fino alla briciola, alla prima difficoltà, alla prima delusione diventa giudizio spietato e inflessibile… Quante e quante volte, perfino in quelli che dovrebbero essere i santuari sacri ed inviolabili del vero amore, come le nostre famiglie, come le stesse nostre comunità ecclesiali, si parla e si canta d’amore con fin troppa disinvoltura, ma si coltivano rancori e talvolta perfino odi, quelli sì, ahimè, “senza fine”! Dell’amore sappiamo tutto per sentenziare con ogni sicurezza possibile che non ce n’è negli altri, ma senza essere mai davvero capaci di metterci noi in discussione, facendo passare ogni nostro pensiero, ogni parola, ogni gesto del nostro presunto amore, al vaglio serio del vangelo.

Carissimi, questa sera il nostro sguardo, quasi incredulo, si sofferma a contemplare ciò che avviene ancora una volta sul nostro altare: il Signore prende il pane, lo spezza e ci dice: prendete mangiate, questo è il mio corpo offerto in sacrificio per boi. E lo stesso farà col calice del vino: Prendete, bevete, questo è il calice del mio sangue, offerto in sacrificio per voi.

Lasciamoci avvolgere da questo amore infinito del Signore, contempliamolo, adoriamolo e soprattutto lasciamocene travolgere.