Omelia in occasione della Veglia dei giovani per la fine dell’anno

30-12-2020

Omelia in occasione della
Veglia dei giovani per la fine dell’anno
Andria, chiesa SS. Salvatore, 30 dicembre 2020.

Questo momento di preghiera, di ascolto, di riflessione è tutto concentrato su due parole: SOGNO e SPERANZA e sono due parole che caratterizzano il tempo dell’età giovanile, il vostro tempo, carissimi giovani.
Fermiamoci un attimo sulla prima parola, il SOGNO.
Nella pagina del Vangelo abbiamo fatto la conoscenza di un sognatore d’eccezione: San Giuseppe, Giuseppe di Nazareth. Purtroppo le tante rappresentazioni, anche dei presepi, di una certa spiritualità di altri tempi, ci presentano Giuseppe come una persona di una certa età, non dico vecchio ma … insomma! Invece da nessun dato del Vangelo noi cogliamo questo elemento. Non esitiamo a dire che contrariamente a queste rappresentazioni, Giuseppe era un giovane, come lo siete voi, un giovane che aveva un grande sogno e un altrettanto grande speranza coltivata nel segreto chissà quanto tempo e poi finalmente realizzata anche se in maniera un tantino diversa da come l’aveva pensata lui. Qual era questo grande sogno di Giuseppe? Conquistare Maria di cui era perdutamente innamorato. Abbiamo ascoltato a questo proposito la bella pagina dagli scritti di don Tonino Bello. A me è capitato di ascoltarla anni fa direttamente dalla sua voce e vi assicuro che è stata un’emozione immensa. Quindi Giuseppe era un giovane che aveva un grande sogno: conquistare Maria, tirare su famiglia con Maria e poi condurre la vita sotto lo sguardo di Dio. Ma mentre lui coltivava questo grande sogno, Dio è intervenuto nella sua vita a più riprese, diverse – adesso cercheremo di contarle – e vedremo che Giuseppe è proprio un sognatore e viveva di sogni, però aveva capito una cosa: attraverso i sogni Dio gli parlava e lui obbediva.
Il primo sogno: quando percepì che Maria aspettava un bambino e lui non era il padre di questo bambino, pensieri, i più strani nella sua mente, paure, timori, non sapeva come interpretare quello che vedeva. Come risolve questo problema? Nel sogno. Infatti nel sogno un angelo del Signore gli dice: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria tua sposa perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo, per cui lei partorirà un figlio e non scappare, perché c’è un posto anche per te in questa storia bellissima. Lei partorirà un figlio e tu gli metterai il nome Gesù, cioè tu gli farai da padre”. E Giuseppe obbedisce a quello che il Signore gli aveva detto in sogno e con Maria va a Betlemme per partecipare al censimento e lì nasce Gesù. Giuseppe obbedisce al sogno.
Poi, finito il tempo della natività si apprestava a tornare a Nazareth con Maria, giovane madre e questo fagottino che è Gesù e ancora una volta un sogno: “Giuseppe, prendi con te il bambino e Maria e fuggi in Egitto perché c’è qualcuno che vuole uccidere il bambino”. E Giuseppe non se lo lascia ripetere due volte: prende Maria e il bambino e va in Egitto, lontano, per mettere in salvo il bambino, perché Erode aveva in mente di uccidere Gesù.
Quando Erode scompare dalla scena politica e quindi potrebbero far ritorno a casa un angelo ancora una volta, in sogno gli dice: “Giuseppe puoi tornare a casa”.
Ecco, vedete: la vita di Giuseppe, le tappe più importanti sono scandite dal Signore che gli parla in sogno.
Guardando Giuseppe, il giovane Giuseppe, che attraverso i sogni comprende quello che il Signore gli dice, vorrei dirvi questo pensiero che meditavo quest’oggi preparandomi a questa veglia: a me non fa un paura un giovane che sbaglia, che cade, che fa pasticci nella sua vita, a me fa paura un giovane che non sogna, che non ha sogni di bellezza e di speranza – ecco compare la nostra parolina, la nostra lampada, la virtù piccola – che non sa guardare lontano, oltre quello che ha tra le mani; un giovane che non sogna e che non spera fa paura, perché non è giovane, è già vecchio; e noi dobbiamo chiedere a san Giuseppe, al giovane Giuseppe, oggi questo dono: che ci aiuti a non smettere mai di sognare! Sognare un mondo bello, sognare la pace, sognare la giustizia, sognare di realizzare i più profondi e bei desideri per dare pienezza alla nostra vita, per farci sentire, come diciamo tante volte, persone realizzate, persone che stanno al loro posto e che fanno esattamente quello che il Signore si aspetta da loro. Questo dev’essere il grande sogno che non dovete mai abbandonare, carissimi, che non dovete mai permettere a nessuno di scipparvelo, in qualsiasi modo.
E allora ecco la seconda parola: la SPERANZA.
Non vi fermate mai a quello che avete, cercate sempre il meglio, il di più, il più bello e se non ce l’avete, innanzitutto coltivate la speranza di averlo, perché se la speranza è coltivata, alla fine diventa un motore che tira con sé anche le sorelle maggiori, le due candele alte: la Fede e la Carità. Nei momenti di crisi la Fede e la Carità si possono anche spegnere, perché vengono meno le forze, ci sono le delusioni … ma la Speranza non si spegne mai se coltivata, ed è la Speranza che riaccende e ridà energia alla Fede e alla Carità, dà sostanza e pienezza alla nostra vita.
Ecco carissimi, vi lascio allora come ricordo di questa preghiera, stasera, alla vigilia della chiusura di questo anno così particolare, così complicato, così difficile, vi consegno queste due parole: il SOGNO e la SPERANZA, sono le due parole che devono riempire ogni giorno della vostra vita che avanza.