Pasqua di Resurrezione Veglia Pasquale nella Notte Santa

16-04-2022

Nella notte di Pasqua non c’è bisogno di fare una lunga e articolata omelia perché il mistero è così grande che, a un certo punto, le parole, per quante ne vogliamo dire, sarebbero sempre insufficienti, una sorta di contenitori piccoli rispetto a un’abbondanza immensa di acqua e di grazia. Dunque le parole le riduciamo proprio al minimo, lasciando più spazio alle emozioni, a quel qualcosa di molto misterioso che tutti percepiamo, che ci sfiora a fior di pelle attraverso le vibrazioni, quel qualcosa di strano che avvertiamo.         E così, affidiamo il racconto del mistero non tanto alle parole, ma ai segni, che a volte sono più efficaci delle parole perché evocano, richiamano ma non dicono tutto; tutto il resto accade nel cuore.

Ebbene, il primo segno che questa sera tutti abbiamo vissuto è stato il segno delle tenebre: in un attimo ci siamo sentiti persi; ed è proprio così: quel buio è il segno dell’umanità, noi quello siamo: buio, mistero, peccato, tenebra e tutto questo ci fa paura. Ebbene, quella è la condizione umana, quella è la nostra storia, una storia in cui si sta male perché c’è il buio, c’è il male, c’è il peccato. Ma poi per fortuna quel buio è durato solo pochi attimi, abbiamo acceso il cero, quel cero che adesso è lì davanti a noi in tutta la sua solennità. Era bello vedere una chiesa totalmente al buio e quell’unica luce. Era piccola, era sola però era sufficiente, già era diverso, già il buio era rotto, già ci sentivamo un tantino più sicuri perché il buio era infranto. E poi, pian piano a quella luce tutti quanti abbiamo acceso le nostre candele, una luce diffusa, quella luce dal Cristo è arrivata nelle nostre mani. É quella luce che è arrivata nelle vostre mani, quella è la luce vera, le altre luci ci abbagliano, ci accecano ma non ci salvano. Cristo è la luce che si dona a noi, si mette nelle nostre mani e ci salva, ci illumina. Il primo segno dunque: il segno della luce che rompe, che squarcia le tenebre.

E poi il secondo segno: quel diluvio di parole che abbiamo ascoltato, la Parola di Dio, che abbiamo ascoltato in misura così abbondante stanotte, rispetto alle celebrazioni solite. Anche questo è un segno: Dio che ci ha parlato questa notte con abbondanza; noi ci siamo stancati ad ascoltarlo, ma Lui non si è stancato di parlarci, non si stanca mai, per fortuna. Quando due persone hanno litigato noi usiamo questa metafora: “non si parlano”; per fortuna Dio non fa così con noi; anche se noi lo abbiamo deluso e continuiamo a deluderlo Lui ci parla, non ci volta mai le spalle, non si stanca, anzi è sempre pronto lì a cogliere un’occasione, tutti gli spiragli per rivolgerci una parola che è sempre una parola d’amore. Allora questa abbondanza di parole stanotte ha pure il suo valore, al di là dei singoli fatti che abbiamo sentito e che ci hanno ricordato la storia della salvezza dalla creazione fino alla narrazione del vangelo della risurrezione, al di là dei singoli fatti è un valore assoluto in sé: Dio che ci rivolge la parola, Dio che si abbassa, si umilia, si butta ai miei piedi e parla con me, mi rivolge una parola di amore, di salvezza, di speranza, di fiducia, così come si è buttato Gesù ai piedi degli apostoli la sera del giovedì santo.

E poi il terzo segno lo stiamo per celebrare adesso: l’acqua del battesimo, quell’acqua nella quale alcuni nostri fratelli saranno rigenerati a vita nuova e si compirà anche per loro il mistero della salvezza perché il battesimo questo è: è il mistero che salvezza che si compie nella storia personale di ciascuno di noi, quello che è accaduto la notte di Pasqua nel battesimo accade per ciascuno di noi. Questi nostri fratelli saranno battezzati ma noi rinnoveremo le promesse del nostro battesimo e sarà come essere battezzati di nuovo, tutti insieme. Quando l’abbiamo ricevuto eravamo un po’ tutti quanti piccoli, non capivamo niente ma adesso capiamo e quindi possiamo e dobbiamo dare a Cristo la nostra adesione convinta, seria. Che poi magari per la fragilità di quello che siamo a volte non riusciamo a stare all’altezza, pazienza, il Signore ci darà il perdono tutte le volte che glielo chiediamo, però è bello vivere questa notte come la notte della rinascita, la notte in cui il Signore ci rigenera.

C’è però un pericolo, concludo con questa riflessione: mentre noi stiamo a dire queste cose così belle, avvolti nei profumi di incenso e accarezzati dalle melodie dolcissime della Pasqua, dimentichiamo che poi di fatto fuori di questo perimetro il mondo resto com’è con le sue pesantezze, le sue oscurità, con il suo male, il suo peccato, le sue violenze. Allora viene quasi da dire: “Che abbiamo fatto? Abbiamo fatto soltanto un po’ di scena ma non cambia nulla?”. Non è che non cambia nulla; tutto può cambiare se noi diventiamo gli angeli della risurrezione, se noi coltiviamo questa speranza e questa convinzione forte nel cuore e la annunciamo, la portiamo, non possiamo né dobbiamo tenercela dentro, noi scoppiamo di questa gioia, con questa gioia forte nel cuore noi non siamo più quelli di prima.

E poi, chissà se lo abbiamo mai notato, ma se guardiamo bene il testo, chi è stato chiamato per primo a portare il lieto annunzio del sepolcro vuoto? Le donne. Questo elemento è ben chiaro in tutti i testi, però nel vangelo di Luca questo tema è ancora più pronunciato. Furono loro che ebbero questo privilegio stupendo, eccezionale. Andavano al sepolcro perché volevano trovare un corpo da ungere e da seppellire e invece trovarono due angeli che dissero: “Voi siete venute e cercare Gesù? Non è qui. È risorto. Andate, andate a dirlo ai suoi amici, che Lui è risorto, è vivo”. E ricevuta la notizia, Pietro corre a vedere. Ma se Pietro è andato al sepolcro è perché delle donne gli hanno messo nel cuore questo desiderio. Allora l’ultima parola è proprio per voi, per le donne, per questo mondo al femminile che tante volte è così bistrattato, così sciupato da un mondo cattivo e violento: care donne, dalle più piccole alle più grandi, assumente questo carico che gli angeli della risurrezione vi danno, portate al mondo non le brutture del peccato, ma la gioia della Pasqua e Dio vi sarà grato.