Giovedì Santo

09-04-2020

OMELIA

Giovedì Santo

Andria, Santuario SS. Salvatore, 9 aprile 2020

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Gesù, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Così è cominciato il racconto del Vangelo di questa sera: “li amò sino alla fine”.  Che vorranno dire quelle parole? Tante cose! Gesù Ci ha amato fino al dono supremo, cioè fino a dare sé stesso, prima sull’altare, dicendo con il pane nelle sue mani: “Prendere, mangiate, questo è il mio corpo che è dato per voi”, e poi sulla croce dicendo al Padre: “Nelle tue mani consegno il mio spirito”, come ascolteremo domani. Gli apostoli, fino a qualche giorno prima, avevano continuato a non capire e anche quella sera certamente non capirono granché. Fino a qualche giorno prima – ci racconta il Vangelo – si erano dimostrati terribilmente incapaci di seguire Gesù nei suoi insegnamenti, in ciò che diceva.
Finché Gesù faceva i miracoli, tutti contenti a vedere lo spettacolo, ma quando il maestro diceva delle cose serie si distraevano, pensavano ad altro; qualche volta Gesù li ha sorpresi addirittura che stavano a litigare tra loro a chi doveva essere il più grande, il più importante. Quella, dunque, che seguiva Gesù, non era una truppa scelta, non erano i migliori. Per niente! Gesù si è circondato di gente che lasciava tanto a desiderare, però lo ha fatto apposta per farci capire che Lui è venuto non a costituire una cerchia di sapienti, di gente per bene, di perfetti… Gesù è venuto a farci capire che Lui è il salvatore di tutti, dei peccatori dunque. E allora mettersi con Gesù significa riconoscere la propria povertà, la propria indegnità, il proprio peccato; significa riconoscere che solo Lui ci salva, non saranno i nostri sforzi, che pure dobbiamo fare, non saranno i nostri impegni, che pure dobbiamo mantenere, a salvarci, ma solo il suo amore, la sua misericordia.
Questo voleva dimostrare Gesù con quel gesto estremo che leggendo il vangelo abbiamo appena finito di raccontare e che purtroppo questa sera non potremo rivivere: la lavanda dei piedi, quel gesto che ha lasciato di stucco i discepoli. Nessuno ha capito Lo hanno lasciato fare, forse qualcuno avrà pure pensato: “Questo è matto!”
Nessuno ha capito in quel momento, ma vorrei chiedermi con voi stasera, carissimi, sono passati duemila anni: ma noi lo abbiamo capito che significa questo strano pellegrinaggio di piede in piede? Non ha guardato a chi appartenevano quei piedi; li ha lavati tutti, sì, anche quelli di Giuda, a testimonianza che il suo amore è davvero totale, è incondizionato e non si ferma nemmeno davanti al tradimento, di fronte all’abbandono.
Quelli che ha lavato Gesù sono i piedi di coloro che erano seduti a mensa con ma sono anche i piedi di coloro che poi lo abbandoneranno, tutti quanti. La sera stessa, nel giro di poche ore, sono piedi di commensali, i piedi di traditori, i piedi di coloro che abbandonano Gesù solo fuggendo via, sono sempre gli stessi piedi, ma per fortuna il Vangelo ci dice che, nel giro di poche ore, quelli diventarono i piedi dei testimoni di un amore che salva, un amore che trasforma gli uomini e l’intera storia umana.
Gesù con quel gesto, dunque, ha voluto lanciare ai suoi discepoli proprio questo messaggio altissimo che noi questa sera accogliamo con rinnovato stupore, con grande trepidazione, ma anche con grande responsabilità. Ciascuno di noi provi a pensare: Gesù in questo momento è in ginocchio davanti a me e mi sta lavando i piedi. Mi chiedo: Merito io che Gesù si inginocchi davanti a me? Certamente no! Ne sono sicuro! Eppure Gesù è lì. Gesù è in ginocchio davanti a me e, nonostante le mie infedeltà, anzi proprio per le mie infedeltà, i miei tradimenti, le mie fragilità, Lui mi vuol lavare, Lui mi vuole salvare. E solo Lui lo può fare! Nessuno si salva da solo, con i propri sforzi. Solo Gesù ci può salvare e ci salva tutti!
E poi, compiendo questo gesto, Gesù ci indica anche – se così possiamo dire – una nuova metodologia per trasformare il mondo, che non è quella dei forti, dei potenti, dei sapienti, dei ricchi, ma è la metodologia dell’amore.
Soffermiamoci su di un altro particolare: Gesù, ci ha raccontato il vangelo stasera, fa un gesto di grande significato: si alza da tavola, si toglie la veste…Questo togliersi la veste significa rinunciare ai propri diritti, alle proprie prerogative, a ciò che gli spettava. Quanti di noi a volte attribuiscono ad un vestito, magari firmato, la propria superiorità davanti agli altri. Tante volte basta un vestito per farci sentire chissà chi!
Gesù se lo toglie il vestito. Chissà, proviamo a pensare, sarà rimasto in maglietta, ed è certamente un abbigliamento poco dignitoso per un Maestro, ma Lui non si vergogna, lo compie questo gesto per far capire che se uno non si abbassa, se non si umilia, se non si pone davanti agli altri in umiltà, la salvezza non arriva. Una volta l’aveva pure detto: “Chi si umilia sarà esaltato”.  Pietro voleva resistere: poveretto, non capiva, non poteva capire! Ma Gesù gli dice: “Pietro, lasciami fare perché se non ti lavo, non avrai parte con me “. “Ah, sì, sì! Allora tutto, non solo i piedi…”.
Gesù si toglie quella veste e negli abiti di un servo si mette a lavare i piedi. Immaginiamo i discepoli che si guardano l’un l’altro; immaginiamo Pietro quando ha visto Gesù ai suoi piedi, quando alla fine lo ha lasciato fare; immaginiamo Giuda quando ha visto Gesù ai suoi piedi, non ha capito nemmeno lui. Ah, se avesse capito! Chissà se poi fino alla fine ha capito… Certo, i Vangeli ci dicono che Giuda si è disperato, si è impiccato, non ha resistito alla vergogna, ma chi lo sa che il ricordo di quel Gesù inginocchiato ai suoi piedi non abbia provocato anche nell’ultimo istante di coscienza in Giuda un pentimento. Il Vangelo non ci dice nulla a riguardo, ma permettetemi, non ci impediamo di pensarla questa cosa stasera, forse sarà il segno che impariamo davvero a non giudicare più, nemmeno Giuda.
È comodo puntare il dito e dire tutto il male possibile di Giuda questa sera, avremo trovato il capro espiatorio e noi non ci saremo messi in discussione. Proviamo a pensare a quel Giuda che è in noi, che siamo noi che con i nostri tradimenti, con la nostra incapacità a capire la portata del messaggio di Gesù, continuiamo a provocare terribili sofferenze ai tanti “cristi” di turno che sono ancora oggi sulla croce del dolore, dell’ingiustizia, della povertà, della guerra e delle sue devastanti conseguenze.
Però questo ci serva di monito e ci faccia prendere coscienza: “Vi do un comandamento nuovo” – dice Gesù, lo abbiamo cantato prima del Vangelo – che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato”. É un comandamento, non è un consiglio, e se noi ci sottraiamo, non abbiamo diritto di sederci a questa mensa, se noi rifiutiamo questo comando, non è questo il posto nostro.
Che è dura, che è difficile, che non ce la facciamo…d’accordo! Ma questo comandamento lo dobbiamo accogliere in umiltà, ci dobbiamo convincere che questa è la nostra strada, non ce ne sono altre. Certo, è la strada che ci porta alla croce, d’accordo! “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato”. Come ci ha amato Gesù? Ecco il gesto di lavare i piedi a tutti, ecco il farsi pane per diventare cibo per tutti, Giuda compreso. Ecco, di lì a poche ore, il farsi inchiodare ad una croce.
L’amore, il perdono, la pazienza, la tolleranza: questa è la strada del Signore, questo è il dono che Gesù ci fa, questo è il comando antico e sempre nuovo che Gesù ci lascia questa sera, questo è lo scrupolo di coscienza che tutti noi ci dobbiamo portare seriamente ogni volta che ci accostiamo alla mensa del Signore pur sapendo fin troppo bene che questo comando ancora non lo abbiamo pienamente preso sul serio.