Omelia II Domenica di Pasqua anno B

07-04-2024

Letture:
At 4,32-35
Sal 117
1Gv 5,1-6
Gv 20,19-31

Ci ritroviamo dopo una settimana a celebrare ancora con la stessa solennità, con la stessa gioia, l’evento della Pasqua del Signore Gesù.

E vorrei incominciare la nostra riflessione sottolineando con voi un particolare del testo del vangelo che ci è stato proclamato: per due volte si fa riferimento alle porte chiuse “La sera di quello stesso giorno” – dice il racconto – “mentre i discepoli erano chiusi nel luogo dove abitualmente si trattenevano” venne Gesù “a porte chiuse”. Otto giorni dopo di nuovo la stessa scena, di nuovo il Vangelo ricorda questo particolare: “Venne Gesù a porte chiuse”.

Questo particolare del racconto significa che la fede nella Resurrezione non si conquista una volta per tutte, un bel giorno noi crediamo e da quel giorno in poi abbiamo finito di dubitare e di avere incertezze. Non è così! Se andiamo dentro al testo, da vari particolari vediamo come la fede nella Resurrezione del Signore è una fede che bisogna riconquistare sempre, giorno per giorno. Non è una cosa data per sempre, ma è conquista, fatica continua, è impegno! Quel giorno di Pasqua già la mattina – ricordate? – le donne erano andate al sepolcro, avevano visto il sepolcro vuoto, avevano avuto la visione degli angeli, erano andate di corsa a portare questo annuncio ai discepoli; Pietro e Giovanni, a loro volta, erano andati anche loro al sepolcro e avevano constatato di persona che quel sepolcro era vuoto. La notizia si era diffusa “E’ risorto, è risorto!”, eppure la sera di quello stesso giorno le porte erano chiuse.

Ma, nonostante questo, Gesù entra, si rende riconoscibile agli apostoli mostra le mani e il costato cioè i segni della passione, si fa riconoscere e li saluta con un segno di pace “Pace a voi!”. Gli apostoli gioiscono e devono aver avuto una sensazione di grande sollievo “Meno male! Noi lo abbiamo tradito eppure Lui non ci rimprovera, non ci sgrida ma ci dà il saluto della pace.” E poi dice Gesù dice una parola importante: “Ricevete lo Spirito Santo. Come il Padre ha mandato Me, così Io mando voi…”. E torniamo allora a quel particolare delle porte chiuse. Con queste parole Gesù sembra voler dire ai suoi discepoli “Che fate chiusi qui dentro? Uscite, portate l’annuncio della Pasqua, portate la speranza a coloro che l’aspettano, non potete star chiusi qui dentro.”

A distanza di una settimana, otto giorni dopo, la stessa scena. Il Risorto si rende visibile ai discepoli e ancora le porte sono chiuse! Quanto è difficile aprire queste porte. Sono le porte del cuore, le porte della nostra intelligenza, le porte della nostra sensibilità, della nostra sicurezza. Chiediamoci, allora: “Le nostre porte sono aperte o sono chiuse e noi siamo sbarrati dentro?”. Le porte per gli apostoli erano chiuse per paura dei Giudei e noi per paura di che? Forse per paura di essere riconosciuti come cristiani. Noi qui siamo tanto devoti e pii ma poi, fuori ci mimetizziamo con l’ambiente, ci vergogniamo della nostra fede e facciamo finta addirittura di non conoscere Gesù, facciamo quello che fanno tutti, come se Cristo non fosse risorto.

Ma nonostante le porte chiuse, dunque, Gesù viene e ci dice: “Come il Padre ha mandato Me così anch’io mando voi!”.

La seconda riflessione che colgo dal Vangelo ci porta a guardare l’esperienza di Tommaso. Quando Gesù appare la sera del giorno di pasqua Tommaso non c’era, i suoi compagni gli dicono “Abbiamo visto il Signore, è risorto, è vivo!”. Ma Tommaso non aderisce alla fede dei compagni, non si fida di loro.  È esagerato questo Tommaso! In realtà il suo atteggiamento è quello tipico di tanti uomini oggi che non credono perché non si fidano della testimonianza che viene dai credenti. Noi abbiamo ormai alle spalle duemila anni di Cristianesimo, duemila anni di martiri, di testimoni, di uomini e di donne che hanno dato la vita per Cristo, che hanno sparso per il mondo il seme della Parola e continuano a farlo. Vien da chiedersi: È possibile che duemila anni sono trascorsi sulla parola dei matti, degli sciocchi, dei maniaci della Resurrezione? È possibile che dobbiamo continuare a credere così? Eppure l’atteggiamento di Tommaso è l’atteggiamento di tanti oggi. Non credono, “devo vedere! Devo toccare”.

Ancora oggi molti così pensano! E spesso si tratta di persone che, badate bene, frequentano la chiesa. Se davvero noi credessimo la nostra vita dovrebbe cambiare. e se non cambia non è perché Gesù non sia risorto ma è perché noi non ci crediamo. Se non riusciamo a tendere la mano a chi ci ha fatto del male, se non riusciamo a perdonare, se non riusciamo ad amare veramente è perché non crediamo alla Resurrezione di Gesù. Ci piace il Gesù in croce, lo compatiamo, ci identifichiamo con Lui. Ma il Gesù risorto non lo sentiamo presente nella vita perché è una mina vagante perché ci porta a far scoppiare le contraddizioni, tutto ciò che non va, tutto ciò che è sbagliato.

Ecco allora Tommaso. A distanza di otto giorni Gesù torna e gli dice “Volevi toccare? Ebbene metti qua il dito”. Qualche volta, nella storia abbiamo tante conversioni forti, ma poi fede significa fidarsi, fidarci dei testimoni che ci portano sempre nuove briciole di speranza. E allora Tommaso si butta a terra e dice “Mio Signore e mio Dio!”. E Gesù: “Perché hai visto hai creduto!”. Ma la fede non è questo. La fede è fiducia smisurata in un Dio che non ci tradisce, che non si prende gioco di noi ma fa sul serio con noi, tanto sul serio che ci ha mandato suo figlio. Che doveva fare di più? Che altra prova vogliamo?

Vogliamo vedere, vogliamo toccare…la verità è che l’orgoglio ci impedisce di inchinare il capo, di buttarci ai piedi di Gesù come Tommaso e dire “Mio Signore e mio Dio! Solo tu sei il Signore della mia vita!

Perché hai veduto, tu hai creduto Tommaso! Beati quelli che pur non avendo visto crederanno!” Certamente Gesù quando ha detto quelle parole ha pensato anche a noi. Noi siamo qui e senza vedere ci sforziamo di credere. Ci fidiamo del Signore e vogliamo credere! Credere a tal punto da spalancare le porte del nostro cuore, le porte della nostra comunità e diventare davvero testimoni coraggiosi, credibili, gioiosi, entusiasti della speranza, della vita, della gioia, dell’Amore, di tutto ciò che di più bello l’uomo cerca, spera e desidera dalla vita.