Omelia V Domenica del tempo ordinario

07-02-2021

OMELIA
V del tempo ordinario
Andria, 7 febbraio 2021
07Letture
Gb 7,1-4.6-7
Sal 146
1Cor 9,16-19.22-23
Mc 1,29-39

Tra domenica scorsa ed oggi, San Marco ci ha tracciato una giornata di Gesù, dal mattino fino al mattino successivo. Nel brano di oggi abbiamo letto che Gesù, appena uscito dalla sinagoga, si reca a casa di Simone e di Andrea, trova la suocera di Simone che è ammalata,          niente di grave, ha la febbre e subito, dice il Vangelo, la prende per mano, la solleva e la guarisce. E questa donna, appena guarita, si dedica a servirli. Intanto si fa sera, la voce si è diffusa e tutti quanti portano degli ammalati per farli guarire da Gesù. Tutti cercano questo Maestro, per ricevere da Lui una parola di conforto, per ricevere aiuto, per ricevere, perché no, un probabile miracolo e Gesù, dice il Vangelo, pazientemente li guarì tutti, fu un giorno davvero di consolazione per quella città, di guarigioni in abbondanza.
E intanto si fa tardi, Gesù si ferma in casa di Simone per la notte ma al mattino, dice il testo, quando era ancora buio, Gesù si ritirò in un luogo appartato e là pregava. Ci piace vedere questa scena: Gesù che si alza di notte, piano piano, non fa rumore, per non svegliare nessuno ed esce di casa per andare in un luogo appartato a pregare. Gesù, cioè, aveva sentito il bisogno di cominciare la sua giornata con la preghiera. Questo particolare getta luce su tutta la giornata che è appena trascorsa e in fondo, su tutte le sue giornate. Gesù, cioè, sta molto attento a non lasciarsi catturare totalmente solo dal fatto di compiere miracoli.
Anche oggi ci sono tanti, forse anche noi, che del discorso della fede si interessano solo a questo: chiedere aiuto al cielo quando ci sono problemi concreti e gravi di salute o di altro.
Dunque, Gesù al mattino presto si alza, si mette a pregare e vorrei provare con voi ad immaginare che cosa avrà chiesto Gesù nella sua preghiera quel giorno, proviamo ad entrare nella preghiera di Gesù: che avrà detto Gesù a suo Padre nella preghiera all’alba, in quel giorno, a Cafarnao? Io penso che Gesù avrà fatto una preghiera più o meno di questo tipo, avrà detto: “Padre, grazie per tutti i miracoli che mi hai fatto compiere ieri, sono veramente debitore a te di questa potenza che hai sprigionato, non è merito mio, è merito tuo perché tu sei il Padre che si impietosisce della sofferenza di tutti gli uomini”, ma immagino che Gesù avrà detto pure: “Padre, ho cominciato questa giornata così, ma certo, non potrò fare tutte le giornate a questa maniera. Io che cosa sono venuto a fare? Il mago, il guaritore? È questo il mio compito? Sì mi dispiace di tanta gente che soffre, vorrei fare chissà quanti prodigi, però alla fine non è che, facendo miracoli, la gente poi si farà un cattivo concetto di me e verrà da me soltanto perché vuole i miracoli? Quando parlerò, non mi ascolterà più e dirà: non ci importa nulla delle prediche, fai i miracoli, facci star bene, di tutto il resto non ce ne importa niente”.
Ecco, allora, Gesù nella preghiera comprende che non è il miracolo la regola della sua missione e dunque dice ai discepoli che lo cercano: “Andiamocene altrove, perché anche nelle altre città io devo predicare”, e conclude “Per questo sono venuto”.
Ecco che Gesù nella preghiera ha recuperato il senso profondo della sua missione che non è far miracoli, ma è predicare, portare agli uomini la Parola del Padre ed è la Parola che poi fa i miracoli, perché nel momento in cui un uomo accoglie la Parola di Dio nel suo cuore, comincia davvero anche lui a far miracoli, il suo cuore si trasforma, diventa più buono e allora, per esempio, ha delle persone da perdonare, le perdona, deve diventare più generoso, lo diventa. Quando parliamo di miracoli, stiamo attenti a non pensare subito e soltanto a problemi che riguardano la salute fisica.
Il vero miracolo è quando la potenza del Signore cambia il nostro cuore e la nostra vita. Allora noi veniamo qui tutte le domeniche da Gesù, perché sappiamo che Lui con la sua Parola ci guarisce; abbiamo detto nel Salmo responsoriale: “risanami, Signore” e questo lo dobbiamo chiedere sempre. Certo, quando abbiamo una malattia, subito ci mettiamo a pregare, chiediamo al Signore che ce la tolga, ma si tratta solo di guarigioni fisiche, ma quanti di noi hanno provato mai a pregare chiedendo al Signore: “Signore, c’è quella persona che mi sta proprio sullo stomaco, mi ha fatto del male, però aiutami a perdonarla”. Quanti di noi hanno fatto mai una preghiera di questo tipo? Penso nessuno, perché noi, come le persone di Cafarnao, andiamo da Gesù soltanto per avere miracoli, prodigi fisici. Non è questa la fede, non è questa la religione e, quando trovate persone che si dicono artefici di miracoli e prodigi, però poi risolvono solo queste cose, chiedono soldi, ma non dicono mai una parola buona, allora dubitate perché lì non c’è fede, non c’è religione, non c’è Dio, c’è solo imbroglio, c’è inganno. Aprite gli occhi! Aprite gli occhi perché ci sono molti inganni in questo campo, dappertutto, in ogni angolo della cristianità, anche nel nostro ambiente, c’è gente che si ammanta di sacro e sfrutta questa situazione per fini personali.
Quando Pietro gli ha detto: “tutti ti cercano”, Gesù se voleva sfruttare il successo, tornava a Cafarnao, si metteva a far miracoli e si faceva un sacco di soldi, case, proprietà…Invece Gesù dice a Pietro: “Andiamocene altrove. Andiamocene altrove perché io devo predicare, sarà la Parola poi a cambiare il cuore degli uomini e dunque anche la faccia della terra, non i miracoli”. Noi siamo un po’ tutti malati di miracolismo: pensiamo ai grandi santuari della cristianità. A volte si va solo per chiedere un miracolo, ma non si ascolta la Parola perché se dovessimo ascoltare la Parola, allora veramente che la nostra vita sarebbe diversa, non chiederemmo più niente al Signore, chiederemmo una sola cosa: non tanto di guarirci dalle malattie, quanto di guarirci dal male che sta nel cuore di tutti e questo male che ci portiamo dentro ci porta a fare, a dire, a compiere tante cattiverie e così la vita del mondo diventa davvero brutta, tanto brutta da far dire a Giobbe, nella prima lettura: “Io, quando mi alzo la mattina, penso alla mia giornata e dico: questo giorno passerà senza speranza”. Certo, molto spesso le nostre giornate sono brutte perché noi le rendiamo così con il male che facciamo ed è dunque questa la guarigione che dobbiamo chiedere al Signore.