Omelia XXXII Domenica del tempo ordinario

07-11-2021

OMELIA
XXXII Domenica del tempo ordinario
Andria, 7 novembre 2021
Letture:
1Re 17,10-16
Sal 145
Eb 9,24-28
Mc 12,38-44

Nella Parola di Dio che oggi ci è stata donata vediamo contrapposte due categorie ben precise di persone: da una parte gli scribi, dall’altra parte le vedove; e noi siamo invitati a misurarci con questi due modi di vivere la fede e fare un serio esame di coscienza.

La prima categoria: gli scribi. Gesù nel Vangelo ci dice: “Guardatevi dagli scribi”. E vien da chiederci: Perché bisogna avere tanta paura degli scribi? Ovviamente Gesù ha di mira un modo di fare: Ed eccone la descrizione:“ amano passeggiare in lunghe vesti, amano ricevere saluti nella piazze…”, amano insomma ricevere l’onore, il rispetto della gente; amano i primi posti nelle sinagoghe, i primi posti negli inviti a tavola. E, fin qui, vien da dire, poco male. Ma poi aggiunge: “Divorano le case delle vedove”, vanno a depredare le case delle vedove. Che vuol dire questa parola del Signore?  Quella delle vedove al tempo di Gesù era una categoria davvero abbandonata alla mercé dei potenti e dei prepotenti, gente davvero povera, sola, senza nessuna porta a cui bussare, senza nessun santo a cui raccomandarsi. Bene, gli scribi amano fare tutte quelle cose di facciata, però poi divorano le case delle vedove, cioè veramente è gente cattiva, che ha il cuore di pietra.

E il Vangelo allora ci fa pensare: Ecco la prima categoria di persone ben delineata, ben tratteggiata da Gesù: una fede esibita, una fede mostrata agli altri, davanti agli altri che non corrisponde a una fede vissuta.

L’altra categoria: le vedove, i poveri. Si parla di vedove nella prima lettura, si parla di vedove nel Vangelo e per tutte e due le volte noi ci facciamo un’idea molto ammirata di questa gente. Nella prima lettura una vedova che viene richiesta da Elia, l’uomo di Dio, di un gesto di carità: Elia chiede di dargli un bicchiere d’acqua e glielo dà, poi chiede qualcosa da mangiare…. E la vedova gli dice con disarmante semplicità che non ha nulla da dargli. Il profeta la rassicura dicendole di fidarsi e di preparare qualcosa. Questa donna, ad un certo punto si fida, compie questo gesto di carità estrema e riceve in cambio un prodigio: la farina non si finì, l’olio nemmeno, mangiarono in abbondanza.

Nel Vangelo, di nuovo una vedova; Gesù osserva: ci sono i ricchi che gettano nel tesoro del tempio grappoli di monete che, scendendo sul monte del tesoro, fanno un rumore enorme; e tutto questo attira, attenzione, ammirazione. E invece una povera vedova butta nel tesoro due spiccioli. E Gesù commenta per i discepoli, per noi: “Vedete quella vedova? Ecco, lei ha messo nel tesoro più di tutti”. perché lei con quegli spiccioli ha messo davanti a Dio tutta sé stessa. Non ha fatto scena, non si è messa in mostra, nessuno si è accorto di nulla, perché quello spicciolo cadendo non ha fatto nessun rumore. Lei ha messo più di tutti, perché quello che ha messo era tutto quello che aveva; quindi non aveva nessun secondo fine nel mettere l’offerta, né di comprarsi l’ammirazione della gente e nemmeno di comprarsi il premio da Dio, perché con due spiccioli che compri? Però quei due spiccioli per lei erano tutto e lei ha messo davanti a Dio tutta sé stessa, a differenza dei ricchi, che buttavano, certo, montagne di monete, ma quelle per loro erano spiccioli e lo facevano perché la gente si voltasse a vedere, perché la gente li ammirasse, non per rendere davvero onore al Signore.

Cari fratelli, ognuno di noi si deve porre davanti a Dio nella verità di sé stesso e quindi ciascuno di noi in fondo, al di là del volume del proprio portafoglio e delle proprie offerte, ciascuno di noi è davanti a Dio così com’è. Il Signore non vuole i nostri soldi, il Signore chiede la nostra vita, tutta intera, non gli spiccioli, non gli avanzi, non il di più; il Signore non si fa abbindolare dal luccichio del nostro oro o del nostro argento.

E dunque la parola di Dio di oggi è per tutti noi un invito all’autenticità, un richiamo alla verità, alla verità di noi stessi, della nostra vita, di quello che veramente pensiamo, delle vere intenzioni con cui facciamo tutte le cose. E, se siamo nella verità, davanti a Dio dobbiamo riconoscere che siamo tutti come quella povera vedova, cioè siamo veramente poveri, siamo niente e nel momento in cui abbiamo riconosciuto questo, solo allora incomincia la fede vera, fino ad allora è tutta scena, sono tutte chiacchiere.

Ognuno di noi è dunque chiamato a porsi così davanti a Dio nella sua povertà, senza mostrare niente a nessuno, senza fare scena, senza pensare di dover catturare l’attenzione di Dio. Dio ci guarda, siamo sotto i suoi occhi sempre e Lui vede la verità che c’è nel nostro cuore!

Perciò, carissimi, intorno all’altare oggi chiederemo proprio questo dono al Signore: che ci faccia crescere nella capacità di essere veri, autentici, di stare in guardia da ogni esibizione e insieme, di essere attenti a vigilare sul nostro modo di accostarci agli altri per giudicarli.