Omelia III Domenica del Tempo Ordinario anno A

22-01-2023

Letture:
Is 8,2 –9,2
Sal 26
1Cor 1,10-13.17
Mt 4,12-23

Carissimi,

abbiamo ripreso in questa domenica la lettura del Vangelo di Matteo che ci accompagnerà lungo questo anno liturgico. Oggi ci è stato riferito che Giovanni Battista viene arrestato e così si conclude la sua missione che troverà poi il suo compimento con il martirio. Quando dunque viene a conoscenza dell’arresto del Battista, Gesù comprende che è arrivato per lui il momento di incominciare la sua missione. E il brano che abbiamo oggi ascoltato ci ha raccontato appunto dei primi passi della missione del Signore. Infatti, per Gesù quella fu una indicazione precisa: finito il compito del precursore, inizia la sua predicazione. Fu come il passaggio del testimone.

E la prima cosa che fa Gesù è di andare a stabilirsi in Galilea, una zona di confine, una terra, una regione che nella Sacra Scrittura non è stimata per niente, anzi è considerata impura per la mescolanza con i pagani, vi abitavano infatti molti pagani e stranieri. Quella fu, invece, una scelta molto precisa da parte del Maestro, una scelta che diventa indicazione forte per i suoi discepoli di tutti i tempi, quindi anche per noi: partire sempre dagli ultimi, dai lontani.

Già nel brano del profeta Isaia, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, abbiamo ascoltato una antica profezia che parla di un popolo immerso nelle tenebre che vede una grande luce a causa della nascita di un bambino. E il profeta aveva visto questa luce partire proprio dalla Galilea delle genti, terra in cui erano mescolati ebrei e pagani, che nel vangelo diventano il simbolo di tutta l’umanità, avvolta nelle tenebre del peccato e dell’incredulità, bisognosa di conoscere la verità e di essere salvata. E la salvezza inizia proprio con l’accogliere l’invito di Gesù a convertirsi, unito alla «bella e buona notizia» del Regno di Dio che proprio in lui, Gesù, nella sua parola e nei suoi gesti prodigiosi, è ormai presente nel mondo.

Ma nel brano di oggi abbiamo visto anche un’altra preziosa indicazione di metodo per i cristiani di tutti i tempi: Gesù, pur potendo fare tutto da solo, da inizio alla sua missione formando subito intorno a sé un gruppo di discepoli che lo segue, che, guardando Lui e ascoltando Lui, impara come si fa la missione. Certo, può sembrare strano che chiami non dei giovani studenti delle scuole teologiche del suo tempo, ma dei pescatori adulti, ma Gesù non vuole fondare una scuola di pensiero, formata da persone colte, vuole invece un gruppo di discepoli semplici ed umili, disposti a seguirlo per imparare da lui a diffondere nel mondo la parola che salva.

Il fascino di Gesù è esaltato dalla semplicità della chiamata e dalla immediatezza della risposta di questi primi quattro, a cui ben presto si aggiungeranno gli altri. Certamente essi avevano già sentito parlare di Gesù proprio dal Battista, ma Matteo vuole proprio sottolineare la novità della missione e la pronta disponibilità di questi pescatori che vedono in lui qualcosa di molto più grande di quanto si aspettavano riguardo al messia. Predicazione e guarigioni sono le prime caratteristiche che essi vedono in Gesù; presto impareranno che è anche lo schema della loro missione.

La prima bella notizia che questi primi discepoli accolgono da Gesù è questa: “…il regno dei cieli è vicino”. Vicino vuol dire che è già arrivato e noi, cristiani del XXI secolo, ci siamo dentro. C’è solo una verifica da fare: se abbiamo accettato l’invito a convertirci. Il cambio di mentalità richiesto dalla conversione non è un atto compiuto una volta per tutte, ma un atteggiamento permanente che ogni giorno ci chiede di confrontarci con il vangelo e di aderire a Gesù. Gesù si muove, non ha una parrocchia.

Camminando, incontra tante persone e chiama i suoi collaboratori. Penso che tutto questo è l’occasione per noi di raccogliere dal Signore l’invito ad una vera conversione missionaria delle parrocchie, di noi preti e delle nostre comunità.

Nella chiamata dei primi quattro c’è poi un particolare che si ripete per ben due volte e che oggi deve farci riflettere: le due coppie di fratelli: Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, appena ricevuta la chiamata del Signore non si mettono a valutare convenienze, a fare calcoli e programmi, ma, dice il testo “subito lasciano le reti e lo seguono”. L’uso di questo avverbio: “subito” da parte dei primi chiamati ci chiede di fare un esame di coscienza sulla qualità della nostra prontezza nel seguire le chiamate con le quali il Signore ci raggiunge ogni volta che ascoltiamo la sua parola.

Mettiamoci dunque ancora una volta in cammino, nella sequela di Cristo.