OMELIA
XIV Domenica del tempo ordinario
Andria, 4 luglio 2021
Letture:
Ez 2,2-5
Sal 122
2Cor 12,7-10
Mc 6,1-6
Carissimi fratelli e sorelle,
il brano evangelico che oggi ci è stato proposto ci ha raccontato di Gesù che ritorna a Nazareth, Marco dice con precisione: “nella sua patria” (Mc 6,1). É sabato entra nella sinagoga e si mette ad insegnare. Da parte degli ascoltatori, i suoi compaesani, che ben lo conoscevano, arriva una reazione di sufficienza che sfocia poi in un vero e proprio rifiuto. L’evangelista ha appena raccontato di Gesù che è entrato nel paese dei pagani, dove è stato accolto, invece, da interesse e stupore. Il fatto che Gesù sia entrato in territorio pagano, dove compie un segno di liberazione dal male ci dice che egli è venuto davvero per tutti. E invece, ora che Gesù si trova tra i suoi compaesani si trova dinanzi a un rifiuto, non viene accettato né percepito come Colui che è mandato dal Padre per la salvezza degli uomini. Tutt’altro, viene invece prima trattato con pregiudizio e distacco, poi riceve un netto rifiuto.
Ecco la prima lezione che ci viene dal Vangelo oggi: i lontani, i pagani accolgono la parola di Gesù, invece i suoi compaesani la snobbano con sufficienza, portando come motivazione il fatto che conoscono bene lui come la sua famiglia e non può essere che lui sia l’inviato di Dio.
Li turba il fatto che Cristo dica che in Lui si sta compiendo l’attesa, la promessa di Dio, che Lui sia l’Inviato, ricolmo dello Spirito, che su di Lui scende lo Spirito del Signore e lo consacra come Messia, come Salvatore. È ciò che i capitoli precedenti del testo di Marco, che noi domenica per domenica stiamo leggendo nella liturgia, hanno reso semplicemente ovvio ma che non può entrare negli schemi teologici degli scribi e di quelli che li seguono. Perché lungo i secoli l’attesa ha creato una immaginazione certamente grandiosa del restauro del Regno di Davide e ora, invece Gesù sta abbattendo questo schema. Scandalizza il dover accettare che il tempo messianico e la salvezza possa avvenire in un modo così quotidiano, così feriale e attraverso un lavoratore, un carpentiere.
E tutto il Vangelo, invece, insiste proprio sul fatto che la fede, che è accoglienza di una vita nuova, si realizza nel quotidiano, lontana dalle dinamiche umane che fanno leva su forza e potenza. La fede trasfigura il feriale nella festa nel compimento, la religione cerca le cose straordinarie che diano ragione del nostro sforzo di vivere al meglio l’ordinarietà dello scorrere degli eventi che la vita ci fa attraversare.
In Gesù questo rifiuto della sua gente provoca rammarico, è costretto ad ammettere che “un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e tra i suoi parenti” (Mc 6,4). Dirà poi S. Giovanni “È venuto tra i suoi e non l’hanno accolto” (Gv 1,11).
I suoi sono sicuramente i più vicini, il suo villaggio, la sua gente. Ma ci tocca dire che oggi i suoi siamo noi, i cristiani, i battezzati. Il legame con Lui non è fondato sul sangue dei genitori ma è una nuova parentela fondata sul legame di fede e di amore con Lui, il figlio primogenito di una nuova, immensa famiglia: la Chiesa. Sarà questa nuova grande famiglia della quale tutti noi facciamo parte, non per nostra scelta, ma per la sua grazia, che è alla base della figliolanza che compie la volontà del Padre, il nuovo principio dell’unità dell’umanità (cf Mc 3,35). Ma in questo rifiuto c’è ancora di più, riguarda l’umanità stessa: viene come uomo, come Figlio di Dio e non è accettato proprio perché è venuto come uomo, uomo come noi mentre noi talvolta vorremmo vedere qualcosa di speciale.
In sinagoga se ne parla, perciò, gettando discredito su di lui, Marco mette in evidenza che si chiedono se sia figlio di Maria (cf Mc 6,3) quando in tutta la loro tradizione l’identità della persona si trasmette attraverso la paternità. Indicarlo come figlio di Maria è un modo di gettare ancor più discredito su di lui.
Gesù insomma non viene accettato, è rifiutato, mandato via e si stupisce della loro incredulità. Chiediamoci, carissimi, noi a che punto siamo nel nostro cammino di fede? La dinamica di quello che accadde nella sinagoga di Nazareth si può ripetere anche oggi. Noi che siamo i frequentatori abituali delle sacre celebrazioni, proprio perché “competenti” in materia, con facilità diventiamo giudici impietosi della fede degli altri e pensiamo che chi non fa parte delle nostre cerchie di fedeli assidui, è fuori delle vie della Grazia e dell’amore di Dio. E a questo non penso di sbagliare se affermo che Gesù si stupirebbe anche della nostra incredulità, perché si propone con un’immagine di falsa fede.
Ne abbiamo di che riflettere, carissimi!!