OMELIA
XXXI Domenica del tempo ordinario
Andria, 31 ottobre 2021
Letture:
Dt 6,2-6
Sal 17
Eb 7,23-28
Mc 12,28-34
Carissimi,
Potremmo definire questa come la domenica dell’ascolto e dell’amore. La prima lettura è tratta dal Deuteronomio, un libro scritto quando era passato molto tempo da quando era stata data la legge del Sinai, i dieci comandamenti però, sia sa, anche le cose più belle, quando poi passa il tempo, perdono di brillantezza. E così era capitato al popolo ebreo, era passato ormai del tempo dal giorno in cui Dio aveva dato i comandamenti e si erano un po’ persi, producendo una serie di norme, precetti, decreti, proibizioni, ma si era perso di vista l’essenziale e serpeggiava nel popolo questa domanda: “Ma insomma, che cos’è che conta davvero nella vita? Qual è la cosa più importante nel nostro dialogo con Dio? Quando noi onoriamo Dio?”.
E dunque si sentì il bisogno di riscrivere un’altra volta la Legge, ecco il libro del Deuteronomio. Mosè attualizza alle nuove situazioni quella Parola che una volta era stata data. “Temi il Signore Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita tu, tuo figlio e il figlio di tuo figlio tutte le sue leggi”. È bella questa particolarità del testo che fa vedere come la legge di Dio si insegna prima di tutto nelle case: i genitori ai figli, i figli ai loro figli; la fede si trasmette così di generazione in generazione come si trasmette tutto quel fascio di informazioni, di tradizioni, di abitudini che costituiscono la trama della vita. Anche oggi le case devono tornare ad essere luoghi di trasmissione della fede in Dio. E ci accorgiamo subito di quanto sia attuale questa parola. Proviamo a farci una domanda: nelle nostre case si insegna la legge di Dio? Si insegna la fede ai figli? Non capiremo mai abbastanza quanto sia importante considerare la famiglia come primo luogo in cui si trasmette la fede.
E poi, continuando questa pagina, per due volte, ripete un imperativo preciso: “Ascolta Israele! Ascolta Israele e bada di metterle in pratica, perché tu sia felice”. Dall’ascolto della Parola e dalla pratica della Parola vien fuori la vera felicità dell’uomo, che forse non coincide con il piacere che ciascuno di noi cerca. Ecco dunque la domenica dell’ascolto, la domenica dell’amore. Quando una persona noi la stimiamo e l’amiamo, noi pendiamo dalle sue labbra e tutto quello che dice per noi è oro, ma quando una persona noi non la stimiamo, non le vogliamo bene, anche se dice le cose più sacre, non le prestiamo ascolto. Ecco allora che l’ascolto e l’amore si intrecciano; ascolta il tuo Dio e amalo; ama il tuo Dio e ascoltalo.
E dunque ci viene il dubbio: perché noi non ascoltiamo la parola del Signore? Di sentire la sentiamo; nelle orecchie entra tanta Parola, direi un diluvio di Parola: ogni domenica a messa e poi in tante occasioni, durante le catechesi, quanta Parola di Dio ci giunge alle orecchie; la sentiamo, certo, ma non sempre la portiamo nel cuore e perciò non ascoltiamo davvero, per cui tanta Parola si sente, ma il cuore non ne sa niente, proprio niente.
E allora nel Vangelo ritorna questo tema, è un dottore della Legge, uno scriba, uno che la legge la insegnava agli altri, che domanda a Gesù qual è il primo dei comandamenti. C’erano infatti varie scuole di pensiero, che avevano elaborato ciascuno un proprio codice tradizionale, spezzettando le norme in una serie infinita di prescrizioni e allora il credente si perdeva un po’. E Gesù risponde: “Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore Dio tuo è l’unico Signore. Amerai, dunque, il Signore”. Amerai, dunque! Quel dunque ci collega all’ascolto; ecco che l’amore e l’ascolto si intrecciano. Ma stiamo attenti a non fare di questo amore un discorso troppo romantico, sdolcinato, dove amore vuol dire tutto e non vuol dire niente, vuol dire solo carezze del cuore, ma niente più.
Amerai, dunque, il Signore con tutto il tuo cuore – ma non basta il cuore – con tutta la tua mente – cioè con la volontà, l’intelligenza – e con tutta la tua forza – con la decisione. E notate come si ripete questo aggettivo: tutto, tutto, tutto; una disponibilità, dunque, assoluta, senza riserve, senza pregiudiziali, senza patteggiamenti. Tutto! La risposta di Gesù però non si ferma qui. Per sé avrebbe risposto già a sufficienza, e invece Gesù va avanti: “Il secondo è simile a questo: amerai il prossimo tuo come te stesso”. C’è un secondo comandamento dopo il primo; molti di noi, nella nostra vita, si fermano al primo, per cui siamo capaci di fare le serenate più dolci a Dio, alla Madonna, ai Santi, preghiere, canti che ci fanno anche commuovere, ma c’è un secondo che non possiamo e non dobbiamo saltare: “Il secondo è simile al primo: amerai il prossimo tuo come te stesso”. Se non c’è il secondo, salta pure il primo, se non c’è il secondo, il primo, è falso, di questo ci dobbiamo convincere.
Gesù dice: “Il prossimo tuo”, senza fare distinzioni né eccezioni.
Allora, vedete, l’ascolto di Dio ci porta ad amare Dio, a mettere veramente Dio al centro della vita, sicché tutto, decisioni, scelte di vita, rinunce, sacrifici, tutto si fa per amor di Dio, se no non vale la pena. Ma, dicevo, stiamo attenti a non fare dell’amore un discorso solo romantico, come quello che si fa nelle canzoni; l’amore di Dio a volte è fatica, è dolore, perché fare delle cose quando non ne hai voglia ti costa e altrettanto dobbiamo dire l’amore del prossimo è fatica, è dolore, è rinuncia, è sacrificio. L’amore del prossimo ci deve far versare il sangue altrimenti non è vero, è falso. Come ha fatto Gesù che ha versato il suo sangue sulla croce per noi, e nessuno di noi, nessuno meritava niente, ma Gesù l’ha versato, tutto. Quando eravamo ancora peccatori, Gesù è morto per noi, non si è posto il problema: se lo meritano, non se lo meritano, per quello sì, per quello no…, Gesù è morto per tutti e basta. Allora, Gesù queste cose non le ha solo dette. No! Gesù le ha dette e le ha fatte, pagando di persona.
Ricordiamoci perciò, quando facciamo la Comunione, che quel pane è pane spezzato per amore, per cui se noi mangiamo quel pane dobbiamo avere nel cuore sentimenti di amore, di perdono e di misericordia. Altrimenti è tutto inutile. Non ci sono eccezioni, non ci sono scuse: questo è il Vangelo. Vale di più un atto d’amore e di perdono che centomila messe sentite; vale più un atto d’amore e di misericordia che milioni messi nei cestini in Chiesa. O ci crediamo o no! È Vangelo! Accogliamola, dunque, questa Parola, accogliamo l’invito del Signore: “Ascolta!”.
Che il Signore, dunque, ci aiuti!