Omelia XXI Domenica del T.O. anno C

21-08-2022

Letture:
Is 66,18-21
Sal 116
Eb 12, 5-7. 11-13
Lc 13, 22-30

Carissimi fratelli e sorelle,
Chissà quante volte anche noi ci siamo posti la domanda che oggi viene presentata a Gesù: «Sono pochi quelli che si salvano?» (Lc 13,23). La questione non è secondaria, ma decisamente centrale per la nostra vita, mossi come siamo tutti dal desiderio forte di darle un senso, visto che ogni tanto fanno capolino il dubbio e timore che tutto finisca con la morte. È la domanda che assilla ogni uomo da quando percepisce con chiarezza che la propria vita sia diversa da quella delle piante e degli altri appartenenti al regno animale. Tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo chiesti che cosa la rende veramente umana, e la risposta è una sola: è soprattutto per la sua sete di eternità.
Tuttavia, la domanda che questo tale fa a Gesù aggiunge un elemento di ambiguità: “quanti sono quelli che si salvano?”. Cioè si tratta della questione del numero dei salvati. Questa preoccupazione era molto presente ai tempi di Gesù, ma non si può negare che sia molto presente sempre, anche oggi. Questo accade, per esempio, in quei modi di ragionare di tanti che dividono il mondo in “noi e gli altri”, dove, ovviamente, il “noi” è sempre identificato con chi fa il bene, mentre “gli altri” sono quelli che fanno una vita sbagliata. Insomma, detto in altri termini, è un modo per riservarsi un posto in prima fila in paradiso. Tutte le forme di conteggio dei salvati hanno alla base lo stesso atteggiamento errato: quello di ogni uomo pseudo-religioso che tenta di rinchiudere Dio entro ambiti da lui definiti. È un modo di ammaestrare Dio per farlo a nostra immagine e somiglianza.
Ecco perché Gesù non risponde e va oltre: egli non s’interessa del numero. Il problema non è di numero dei salvati, ma della vera “qualità” di coloro che salvano. Gesù, infatti, risponde dicendo: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”, che è come dire: toglietevi dalla mente l’idea di essere di sicuro tra i salvati.  Per entrare nel Regno, cioè, si richiede determinazione, impegno e lotta. Lotta innanzitutto con sé stessi e poi con tutto ciò che ci circonda e che obbedisce ad altre leggi che sono l’interesse personale, il guadagno, il successo, insomma le vittorie secondo le logiche di questo mondo. Nella risposta di Gesù vediamo un tono di minaccia che ci sorprende: “Molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno”; anche la risposta del padrone di casa, secondo la breve parabola che Gesù racconta, suona piuttosto dura “In verità vi dico: non vi conosco”. Il verbo con cui Gesù inizia la sua risposta: “sforzatevi”, cambia tutte le carte in tavola, sia rispetto alla domanda dell’interlocutore, sia alla percezione di un tono di minaccia. È un’esortazione. Proprio questo invito porta il discorso sulla questione della qualità, e non della quantità.
Riguardo alla salvezza, ricordiamo sempre che Dio guarda l’impegno e la qualità della vita, cioè non i risultati raggiunti, per fortuna, ma l’impegno profuso. Questo è dunque il senso della parabola. I rimasti fuori dalla porta si vantano di avere una familiarità con il padrone di casa, ma questo non li mette in salvo. Forse possono veramente vantare una comune presenza ai banchetti, ma ciò significa intimità e sintonia? Coloro che si sono trovati a tavola con Gesù, o l’hanno anche ascoltato parlare, hanno anche creduto in lui? Come non pensare alla nostra presenza alle tante celebrazioni che domenica dopo domenica e feste comprese, ci vedono presenti nelle nostre chiese? Come dire: noi che siamo abbastanza assidui nell’esser presenti alla mensa del Signore, siamo proprio sicuri che per questo siamo tra i salvati? Gesù invece richiede rigore. Chi confida su privilegi infondati rischia di trovarsi escluso. E ci tocca dire, allora, che molti sono, coloro che, magari non fanno parte degli assidui frequentatori dei luoghi sacri, ma per la qualità profondamente evangelica della loro vita, certamente acquisiscono meriti agli occhi di Dio.
Carissimi, la liturgia di oggi è dunque un invito alla conversione per passare attraverso la “porta stretta”. Cristo è la porta stretta ce lo ricorda anche il Vangelo di Giovanni che riporta le parole di Gesù: “Io sono la porta”. Occorre che ci lasciamo trasformare da Cristo, assumere la sua stessa forma per passare ed entrare nella vita.